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by Paolo Monaco sj

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Esercizi >

Regole per sentire nella Chiesa

Dagli «Esercizi spirituali» di sant’Ignazio di Loyola

 

 

 

 

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per gli «Esercizi
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Il discernimento
spirituale
personale
(articolo)

 

Le “Regole
per sentire
nella Chiesa”

 

Il discernimento
spirituale in
comune

 

Il discernimento
spirituale
personale
(lezione)

 

Il discernimento
spirituale.
Teologia,
storia,
pratica
(Ruiz-Jurado)

 

Direttori
degli «Esercizi
spirituali»
di sant’Ignazio
di Loyola

 

Esercizi
spirituali
nella Vita
Ordinaria
(EVO)

 

Titolo e
Presupposto

 

Tre modi
di pregare

 

Come mi
è andata

 

Il movimento
della Parola

 

 

 

 

 

Introduzione

 

Testo delle “Regole” dagli Esercizi spirituali

 

La Chiesa nell’esperienza mistica di sant’Ignazio di Loyola

 

Altri testi di sant’Ignazio di Loyola

 

Testi biblici

 

Testi del Magistero

 

Papa Francesco, intervista 19 agosto 2013

 

Testamento del padre generale Lorenzo Ricci (1775)

 

Altri autori

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

In questa pagina ho raccolto il materiale usato per prepararmi a un incontro sulle
“Regole per sentire nella Chiesa” (ES 352-370).

 

Innanzitutto ho voluto premettere un approfondimento del rapporto di Ignazio con la Chiesa
alla luce della sua esperienza mistica, corredando tale ricerca con altri testi ignaziani.
Mi sembra infatti che qualsiasi testo ignaziano vada letto, ascoltato, compreso e vissuto
a partire da quella “visione” che lo Spirito Santo ha donato a Ignazio.

 

Quindi ho scelto alcuni brani biblici che mi sembrano più adatti per un discorso sulla Chiesa.

 

Infine ho riportato alcuni passi del Magistero recente per sintonizzare la lettura delle “Regole”
con la Chiesa di oggi.

 

Ho aggiunto poi due testimonianze: la prima di papa Francesco; la seconda di Lorenzo Ricci sj,
generale della Compagnia di Gesù al momento della soppressione, un momento particolarmente
significativo dell’esperienza ignaziana del “sentire nella Chiesa”.

 

In fondo alla pagina si possono trovare i contributi di altri autori sulle “Regole”.

 

 

 

[352] REGOLE DA OSSERVARE PER AVERE L’AUTENTICO SENTIRE NELLA CHIESA MILITANTE

 

[353] La prima. Deposto ogni giudizio, dobbiamo tenere l’animo disposto e pronto per obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore che è la nostra santa madre Chiesa gerarchica.

 

[354] La seconda. Lodare il confessarsi col sacerdote, e il ricevere il santissimo sacramento una volta all’anno, e molto più ogni mese, e molto meglio ogni otto giorni, con le condizioni richieste e dovute.

 

[355] La terza. Lodare l’ascoltare spesso la messa; così pure canti, salmi e lunghe orazioni, in chiesa e fuori di essa; similmente, ore stabilite a tempo destinato per ogni ufficio divino e per ogni preghiera e tutte le ore canoniche.

 

[356] La quarta. Lodare molto la vita religiosa, verginità e continenza, e non in uguale misura il matrimonio.

 

[357] La quinta. Lodare i voti religiosi, di obbedienza, di povertà, di castità e altri di maggiore perfezione. Bisogna avvertire che, siccome il voto riguarda cose che si riferiscono alla perfezione evangelica, nelle cose che si allontanano da essa non si deve fare voto, come essere mercante o sposarsi, ecc.

 

[358] La sesta. Lodare reliquie dei santi, venerando quelle e pregando questi; lodare stazioni, pellegrinaggi, indulgenze, perdonanze, crociate e candele accese nelle chiese.

 

[359] La settima. Lodare disposizioni circa digiuni e astinenze, come quelli di quaresima, quattro tempora, vigilie, venerdì e sabato; così pure penitenze non solo interne ma anche esterne.

 

[360] L’ottava. Lodare ornamenti ed edifici di chiese; così pure immagini, venerandole secondo quello che rappresentano.

 

[361] La nona. Lodare finalmente tutti i precetti della Chiesa, tenendo l’animo pronto a cercare ragioni in sua difesa e in nessuna maniera in sua offesa.

 

[362] La decima. Dobbiamo essere più pronti ad approvare e lodare tanto le disposizioni e raccomandazioni quanto i comportamenti dei nostri superiori. Sebbene alcune non siano o non siano state tali, parlare contro di esse, sia predicando in pubblico sia conversando davanti al popolo semplice, genererebbe più mormorazione e scandalo che vantaggio; e così si indignerebbe il popolo contro i suoi superiori, sia temporali sia spirituali. Tuttavia, come fa danno parlare male in assenza dei superiori alla gente semplice, così può essere utile parlare dei loro cattivi comportamenti con persone che possono porvi rimedio.

 

[363] L’undicesima. Lodare la dottrina positiva e scolastica. Come infatti è più proprio dei dottori positivi - come san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio, ecc. -, muovere gli affetti per amare e servire in tutto Dio nostro Signore, così è più proprio degli scolastici - come san Tommaso, san Bonaventura e il Maestro delle Sentenze, ecc. -, definire o chiarire per i nostri tempi le cose necessarie alla salvezza eterna, e per meglio confutare e chiarire tutti gli errori e tutte le falsità. I dottori scolastici infatti essendo più moderni, non solo si giovano della vera intelligenza della sacra Scrittura e dei positivi e santi dottori, ma essendo anche illuminati e rischiarati dalla virtù divina, si giovano dei concili, canoni e disposizioni di nostra santa madre Chiesa.

 

[364] La dodicesima. Dobbiamo guardarci dal fare confronti tra coloro che siamo in vita e i beati trapassati; ché non poco si sbaglia in questo, cioè nel dire: “Questo sa più di sant’Agostino, è un altro san Francesco o più, è un altro san Paolo in bontà, santità, ecc.”.

 

[365] La tredicesima. Per essere sicuri di non sbagliare dobbiamo sempre regolarci in questo modo: quello che io vedo bianco, creda che sia nero, se la Chiesa gerarchica così stabilisce; certi che tra Cristo nostro Signore, sposo, e la Chiesa, sua sposa vi è lo stesso spirito che ci governa e regge per la salvezza delle nostre anime. Infatti dal medesimo Spirito e Signore nostro, che diede i dieci comandamenti, è retta e governata nostra santa madre Chiesa.

 

[366] La quattordicesima. Benché sia verissimo che nessuno può salvarsi senza essere predestinato e senza avere fede e grazia, si deve fare molta attenzione nel modo di parlare e comunicare tutte queste cose.

 

[367] La quindicesima. Non dobbiamo parlare molto e in modo abituale della predestinazione; ma se in qualche maniera e alcune volte se ne parlerà, se ne parli in modo che il popolo semplice non cada in errore alcuno. Può capitare così quando si dice: “Se devo essere salvato o condannato, è già stabilito, e per me fare bene o male non cambia nulla”; Con questo ci si impigrisce e si trascurano le opere che conducono alla salvezza e progresso spirituale delle loro anime.

 

[368] La sedicesima. Bisogna ugualmente stare attenti che il parlare della fede molto e con molta insistenza, senza alcuna distinzione e spiegazione, non dia occasione al popolo di diventare negligente e pigro nell’operare, sia quando la fede non è ancora radicata nella carità sia dopo.

 

[369] La diciassettesima. Ugualmente non dobbiamo parlare molto diffusamente, insistendo tanto sulla grazia, in modo tale da ingenerare veleno che tolga la libertà. Di maniera che si può parlare quanto è possibile della fede e grazia mediante l’aiuto divino, per maggiore lode di sua divina maestà; ma non in maniera né in termini tali che, soprattutto ai nostri tempi così pericolosi, le opere e il libero arbitrio ne ricevano qualche detrimento o siano tenuti per nulla.

 

[370] La diciottesima. Sebbene si debba stimare sopra ogni cosa il servire molto Dio nostro Signore per puro amore, dobbiamo tuttavia lodare assai il timore di sua divina maestà. Infatti, non solo il timore filiale è cosa pia e santissima, ma anche il timore servile aiuta molto a uscire dal peccato mortale, qualora non si arrivi ad altro di meglio o di più utile; e una volta che se ne è usciti, facilmente si perviene al timore filiale, che è totalmente accetto e gradito a Dio nostro Signore, essendo una cosa sola con l’amore divino.

 

 

 

LA CHIESA NELL’ESPERIENZA MISTICA DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA

 

Loyola-Montserrat

 

 

 

+ Devoto di san Pietro: nostro
Signore volle che da quella
mezzanotte cominciasse a
riprendersi
(A 3)

- Principio e fondamento

 

- Presupposto

* Madonna con bambino (A 10)

 

 

 

 

Manresa

 

 

* Una cosa a forma di serpente (A 19)

 

- Prima settimana

 

+ La relazione con il confessore
(A 22-23.25)

 

* La Trinità (A 28)

* Come Dio aveva creato il mondo (A 29)

* Gesù realmente presente nel Santissimo
Sacramento (A 29)

* L’umanità di Cristo e l’umanità
di Maria allo stesso modo (A 29)

* Una grande luce nell’intelletto (A 30)

* Il demonio (A 31)

 

 

 

- Seconda settimana

 

- Re, Due bandiere
e giornata ignaziana

 

 

- Il discernimento

Padova, Gerusalemme e ritorno in Spagna

* Cristo sopra di sé (A 41.44.48)

 

 

 

+ Il dialogo con i francescani
della Terra Santa (A 45-47)

+ Come parlavano Cristo e
gli apostoli (A 52)

+ Alcalà e il primo processo (A 58-63)

+ Salamanca e il secondo processo
(A 64-70)

 

 

 

Parigi

 

 

 

+ Immaginava Cristo e gli apostoli
(A 75)

+ Il terzo processo (A 77-78.81)

+ L’incontro con Pietro Favre e
Francesco Saverio (A 82)

+ Il voto di Montmartre (A 85)

+ Il quarto processo (A 86)

 

 

(Redazione delle Regole per
sentire nella Chiesa 1-13)

 

Venezia

 

 

 

+ Il quinto processo (A 93)

+ L’ordinazione presbiterale (A 93)

+ Scelta del nome “Compagnia di Gesù”

 

* Molte visioni spirituali e molte
comunicazioni spirituali (A 95)

 

 

 

 

La Storta (vicino Roma)

 

 

* Dio Padre lo metteva con
Cristo suo Figlio (A 96)

 

 

+ Conferma del nome “Compagnia
di Gesù”

- Due bandiere (ES 147)

Roma

 

 

 

 

 

* Poteva trovare Dio in ogni
momento (A 99)

* Cristo come un sole (A 99)

* Dio Padre, le tre Persone della Trinità,
la Madonna che intercedeva o
approvava (A 100)

+ Si offrono al papa

+ Il sesto processo (A 98)

+ Deliberazione dei primi padri

+ Formula dell’Istituto

+ Elezione di Ignazio generale

+ Oblazione (professione solenne)

+ Redazione delle Costituzioni

+ Approvazione degli Esercizi, della
Compagnia e delle Costituzioni

 

- Terza settimana

 

- Quarta settimana

 

- Contemplazione per
raggiungere amore

 

(Redazione delle Regole per
sentire nella Chiesa 14-18)

 

 

 

 

ALTRI TESTI DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA

 

AUTOBIOGRAFIA

 

[85] A quel tempo avevano già deciso, tutti insieme, quello che volevano fare: sarebbero andati a Venezia, poi a Gerusalemme, e avrebbero speso la loro vita per il bene delle anime. Se non ottenevano il permesso di stabilirsi a Gerusalemme, tornati a Roma si sarebbero Vicario di Cristo. Avevano anche stabilito di attendere l'imbarco per un anno a Venezia; se entro quell'anno non fossero riusciti a imbarcarsi per il Levante, si sarebbero considerati sciolti dal voto di andare a Gerusalemme, sarebbero andati dal Papa, eccetera.

 

[96] L'anno trascorse senza alcuna possibilità di imbarco. Allora decisero di partire per Roma; e vi andò anche il pellegrino […] Viaggiarono verso Roma suddivisi in tre o quattro gruppi; il pellegrino era con Favre e Laínez, e durante questo viaggio ricevette da Dio favori straordinari. Aveva deliberato che, una volta sacerdote, sarebbe rimasto un anno senza celebrare la messa per prepararvisi e per pregare la Madonna che lo volesse mettere con il suo Figlio. Un giorno, trovandosi ormai a poche miglia da Roma, mentre in una chiesa faceva orazione, sentì nell'animo una profonda mutazione e vide tanto chiaramente che Dio Padre lo metteva con Cristo suo Figlio da non poter più in alcun modo dubitare che di fatto Dio Padre lo metteva con il suo Figlio.

 

[22] PRESUPPOSTO

 

Affinché tanto chi dà gli esercizi come chi li riceve più si aiutino e traggano vantaggio, bisogna presupporre che ogni buon cristiano dev’essere più pronto a salvare una affermazione del prossimo che a condannarla; e se non può salvarla, cerchi di sapere in che senso l’intenda, e se l’intendesse in modo sbagliato, lo corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché, intendendola rettamente, si salvi.

 

DUE BANDIERE

 

[144] Considerare come Cristo nostro Signore si pone in un grande campo di quella regione di Gerusalemme, in luogo umile, bello e grazioso.

 

[145] Considerare come il Signore di tutto il mondo sceglie tante persone, apostoli, discepoli, ecc., e li invia per tutto il mondo a spargere la sua sacra dottrina tra persone di ogni stato e condizione.

 

[146] Considerare il discorso che Cristo nostro Signore fa a tutti i suoi servi e amici, che invia per tale missione, raccomanda loro di volere aiutare tutti portandoli: primo, a somma povertà spirituale e, se sua divina maestà fosse servita e li volesse eleggere, non meno alla povertà attuale; secondo, al desiderio di ignominie e disprezzi, perché da queste due cose deriva l’umiltà; di modo che tre siano i gradini: il primo, povertà contro la ricchezza; il secondo, ignominia o disprezzo contro l’onore mondano; il terzo, umiltà contro la superbia; e da questi tre gradini inducano a tutte le altre virtù.

 

[147] Un colloquio con nostra Signora perché mi ottenga da suo Figlio e Signore la grazia di essere ricevuto sotto la sua bandiera: primo, in somma povertà spirituale e non meno nella povertà attuale, se sua divina maestà fosse servita e mi volesse scegliere e ricevere; secondo, nel sopportare ignominie e ingiurie, per più imitarlo in essi, purché possa sopportarli senza peccato di persona alcuna né dispiacere di sua divina maestà; e con questo un’Ave Maria. Secondo colloquio: chiedere le stesse cose al Figlio, perché me l’ottenga dal Padre; e con questo dire Anima Christi. Terzo colloquio: chiedere altrettanto al Padre, perché me lo conceda; e dire un Pater noster.

 

COME CRISTO NOSTRO SIGNORE APPARVE A NOSTRA SIGNORA

 

[221] Chiedere grazia per rallegrarmi e godere intensamente di tanta gloria e gioia di Cristo nostro Signore.

 

[223] Considerare come la divinità, che sembrava nascondersi nella passione, appare e si manifesta ora così miracolosamente nella santissima risurrezione, attraverso i suoi veri e santissimi effetti.

 

[224] Considerare il compito di consolatore che Cristo nostro Signore svolge, paragonandolo al modo con cui gli amici sono soliti consolare gli altri.

 

CONTEMPLAZIONE PER OTTENERE AMORE

 

[235] Osservare come Dio abita nelle creature: negli elementi dando essere, nelle piante facendo vegetare, negli animali fornendoli di sensi, negli uomini dando l’intendere; e così in me dandomi essere, vita, sensi e facendomi intendere; così pure col fare di me un tempio, essendo io creato a somiglianza e immagine di sua divina maestà.

 

DELIBERAZIONE DEI PRIMI PADRI (QUARESIMA 1539)

 

Alla prima riunione notturna fu presa in esame la questione: dopo aver offerto e consacrato noi stessi e la nostra vita a Cristo nostro Signore e al suo vero e legittimo Vicario in terra perché egli disponga di noi e ci mandi là dove giudica che noi possiamo portare frutto (...), è più utile che siamo tra noi così strettamente uniti in un solo corpo che nessuna separazione e distanza, per quanto grande, ci possa dividere? O forse questo non è così utile? […] Alla fine decidemmo per la prima alternativa e cioè: dal momento che il Signore nella sua generosa bontà ha voluto adunare e unire insieme noi, così deboli e provenienti da regioni e civiltà tanto diverse, non dobbiamo spezzare questa unione e comunità voluta da Dio; dobbiamo anzi mantenerla salda e rafforzarla, stringendoci in un solo corpo, attenti e premurosi gli uni verso gli altri, in vista del bene maggiore delle anime. Il valore di molti uniti insieme ha certo più vigore e consistenza, per ottenere qualunque arduo risultato, che non se si disperde in più direzioni. In tutto ciò che abbiamo detto e diremo su questi problemi intendiamo attenerci a questo criterio: nessuna cosa vogliamo sostenere di nostra testa o esclusivamente a nostro sentire, ma solo quel progetto che il Signore ispiri e la Sede Apostolica confermi e approvi, di qualunque cosa si tratti.

 

FORMULA DELL’ISTITUTO, LETTERA APOSTOLICA “EXPOSCIT DEBITUM” (21 LUGLIO 1550)

 

1. Chiunque, nella nostra Compagnia che desideriamo insignita del nome di Gesù, vuole militare per Iddio sotto il vessillo della croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa, a disposizione del Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra

 

COSTITUZIONI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

 

[603] … E per trattare anzitutto della missione da parte di Sua Santità, che è la più importante, si deve avvertire che l'intento del voto fatto dalla Compagnia di prestargli obbedienza come a Supremo Vicario di Cristo (B), senza addurre alcuna scusa, si riferiva a qualsiasi destinazione, dove egli giudicasse opportuno inviarne i soggetti, per la maggior gloria di Dio e il bene delle anime, così tra i fedeli come tra gli infedeli. Né la Compagnia ebbe di mira un luogo particolare, ma di essere sparsa per il mondo, nelle diverse regioni e luoghi, nel desiderio di riuscir meglio nello scopo, lasciando al Sommo Pontefice la ripartizione dei suoi soggetti.

 

[605] B. Il quarto voto al Papa non aveva di mira un luogo particolare, ma di recarsi qua e là nelle varie parti del mondo. Infatti, siccome i primi uomini della Compagnia che si riunirono erano di diverse provincie e regni, e non sapevano in quali paesi andare, se tra i fedeli o gl'infedeli, per non errare nella via del Signore, fecero questa promessa o voto, per lasciare a Sua Santità di distribuirli a maggior gloria di Dio conforme alla loro intenzione di spargersi attraverso il mondo. E, qualora non avessero raccolto il frutto spirituale sperato in una parte, se ne sarebbero andati in un'altra e poi in un'altra, alla ricerca della maggior gloria di Dio nostro Signore e dell'aiuto delle anime.

 

 

 

TESTI BIBLICI

 

Mt 18,19-20

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

 

Gv 13,34-35; 15,12-13

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.

 

Gv 17, 15-23

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

 

Ef 5,25-33

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.

 

Ap 19,7

Rallegriamoci ed esultiamo,
rendiamo a lui gloria,
perché sono giunte le nozze dell'Agnello;
la sua sposa è pronta.

 

Ap 21,2 E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

 

Ap 21,9 Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello».

 

Ap 22,17 Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.

 

 

 

TESTI DEL MAGISTERO

 

CONCILIO VATICANO II, LUMEN GENTIUM, CAP. I: IL MISTERO DELLA CHIESA

 

1. La Chiesa sacramento di Cristo

 

Cristo è la luce delle genti, e questo sacro Concilio, adunato nello Spirito santo, ardentemente desidera che la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, illumini tutti gli uomini annunziando il vangelo a ogni creatura (cf. Mc 16, 15). E siccome la Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano, continuando l'insegnamento dei precedenti concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la sua natura e la sua missione universale. Le condizioni del nostro tempo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente uniti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire una piena unità in Cristo.

 

2. Il disegno salvifico universale del Padre

 

L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, ha creato l'universo, ha decretato di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina e, quando essi caddero in Adamo, non li ha abbandonati, ma sempre ha prestato loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, "il quale è l'immagine dell'invisibile Dio, generato prima di ogni creatura" (Col 1, 15). Tutti gli eletti il Padre fino dall'eternità "li ha conosciuti nella sua prescienza e li ha predestinati a essere conformi alla immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito di una moltitudine di fratelli" (Rom 8, 29). I credenti in Cristo li ha voluti convocare nella santa Chiesa, la quale, già prefigurata sino dal principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'antica alleanza e istituita "negli ultimi tempi", è stata manifestata dall'effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli. Allora, come si legge nei santi padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale.

 

3. Missione e opera del Figlio

 

E' venuto quindi il Figlio, mandato dal Padre, il quale in lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti e ci ha predestinati a essere adottati in figli, perché in lui si compiacque di ricapitolare tutte le cose (cf. Ef 1, 4-5 e 10). Perciò Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ce ne ha rivelato il mistero, e con la sua obbedienza ha operato la redenzione. La Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo. Questo inizio e questa crescita sono simboleggiati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso (cf. Gv 19, 34), e sono preannunziati dalle parole del Signore circa la sua morte in croce: "E io, quando sarò levato in alto da terra, tutti attirerò a me" (Gv 12, 32 gr.). Ogni volta che il sacrificio della croce, "col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato" (1 Cor 5, 7), viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo (cf. 1 Cor 10, 17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per lui viviamo, a lui siamo diretti.

 

4. Lo Spirito santificatore della Chiesa

 

Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cf. Gv 17, 4), il giorno di pentecoste fu inviato lo Spirito santo per santificare continuamente la Chiesa, e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cf. Ef 2, 18). Questi è lo spirito che dà la vita, o la sorgente di acqua zampillante per la vita eterna (cf. Gv 4, 14; 7, 38-39); per lui il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cf. Rom 8, 10-11). Lo spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19) e in essi prega e rende testimonianza della adozione filiale (cf. Gal 4, 6; Rom 8, 15-16 e 26). Egli guida la Chiesa verso tutta intera la verità (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, coi quali la dirige, la abbellisce dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal 5, 22). Con la forza del vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo sposo. Poiché la Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni: (cf. Ap 22, 17). Così la Chiesa universale si presenta come "un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo".

 

EVANGELII GAUDIUM, CAP. PRIMO - LA TRASFORMAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA

 

26. Paolo VI invitò ad ampliare l’appello al rinnovamento, per esprimere con forza che non si rivolgeva solo ai singoli individui, ma alla Chiesa intera. Ricordiamo questo testo memorabile che non ha perso la sua forza interpellante: «La Chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa, meditare sul mistero che le è proprio […] Deriva da questa illuminata ed operante coscienza uno spontaneo desiderio di confrontare l’immagine ideale della Chiesa, quale Cristo vide, volle ed amò, come sua Sposa santa ed immacolata (Ef 5,27), e il volto reale, quale oggi la Chiesa presenta […] Deriva perciò un bisogno generoso e quasi impaziente di rinnovamento, di emendamento cioè dei difetti, che quella coscienza, quasi un esame interiore allo specchio del modello che Cristo di sé ci lasciò, denuncia e rigetta». Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza “fedeltà della Chiesa alla propria vocazione”, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo.

 

 

 

PAPA FRANCESCO, INTERVISTA DI ANTONIO SPADARO,
LUNEDÌ 19 AGOSTO 2013

«Sentire con la Chiesa»

 

Rimango sul tema della Chiesa e provo a capire che cosa significhi esattamente per Papa Francesco il «sentire con la Chiesa» di cui scrive sant’Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali. Il Papa risponde senza esitazione partendo da un’immagine. «L’immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio. È la definizione che uso spesso, ed è poi quella della Lumen gentium al numero 12. L’appartenenza a un popolo ha un forte valore teologico: Dio nella storia della salvezza ha salvato un popolo. Non c’è identità piena senza appartenenza a un popolo. Nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità umana. Dio entra in questa dinamica popolare».

 

«Il popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è essere in questo popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina. Ecco, questo io intendo oggi come il “sentire con la Chiesa” di cui parla sant’Ignazio. Quando il dialogo tra la gente e i vescovi e il Papa va su questa strada ed è leale, allora è assistito dallo Spirito Santo. Non è dunque un sentire riferito ai teologi».

 

«È come con Maria: se si vuol sapere chi è, si chiede ai teologi; se si vuol sapere come la si ama, bisogna chiederlo al popolo. A sua volta, Maria amò Gesù con cuore di popolo, come leggiamo nel Magnificat. Non bisogna dunque neanche pensare che la comprensione del “sentire con la Chiesa” sia legata solamente al sentire con la sua parte gerarchica».

 

E il Papa, dopo un momento di pausa, precisa in maniera secca, per evitare fraintendimenti: «E, ovviamente, bisogna star bene attenti a non pensare che questa infallibilitas di tutti i fedeli di cui sto parlando alla luce del concilio sia una forma di populismo. No: è l’esperienza della “santa madre Chiesa gerarchica”, come la chiamava sant’Ignazio, della Chiesa come popolo di Dio, pastori e popolo insieme. La Chiesa è la totalità del popolo di Dio».

 

«Io vedo la santità nel popolo di Dio, la sua santità quotidiana. C’è una “classe media della santità” di cui tutti possiamo far parte, quella di cui parla Malègue».

 

Il Papa si sta riferendo a Joseph Malègue, uno scrittore francese a lui caro, nato nel 1876 e morto nel 1940. In particolare alla sua trilogia incompiuta Pierres noires. Les Classes moyennes du Salut. Alcuni critici francesi lo definirono «il Proust cattolico». «Io vedo la santità — prosegue il Papa — nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito il Signore, le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa per me è la santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come hypomonè, il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa è la santità della Iglesia militante di cui parla anche sant’Ignazio. Questa è stata la santità dei miei genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che mi ha fatto tanto bene. Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo leggo spesso: per me è come una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto, anche moralmente, ed è sempre andata avanti con coraggio».

 

«Questa Chiesa con la quale dobbiamo “sentire” è la casa di tutti, non una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità. E la Chiesa è Madre — prosegue —. La Chiesa è feconda, deve esserlo. Vedi, quando io mi accorgo di comportamenti negativi di ministri della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente è: “ecco uno scapolone”, o “ecco una zitella”. Non sono né padri, né madri. Non sono stati capaci di dare vita. Invece, per esempio, quando leggo la vita dei missionari salesiani che sono andati in Patagonia, leggo una storia di vita, di fecondità».

 

«Un altro esempio di questi giorni: ho visto che è stata molto ripresa dai giornali la telefonata che ho fatto a un ragazzo che mi aveva scritto una lettera. Io gli ho telefonato perché quella lettera era tanto bella, tanto semplice. Per me questo è stato un atto di fecondità. Mi sono reso conto che è un giovane che sta crescendo, ha riconosciuto un padre, e così gli dice qualcosa della sua vita. Il padre non può dire “me ne infischio”. Questa fecondità mi fa tanto bene».

 

 

 

TESTAMENTO DEL PADRE GENERALE LORENZO RICCI
PRIMA DELLA SUA MORTE A CASTEL SANT’ANGELO
IL 24 NOVEMBRE 1775

Celestino Testore, S. Giuseppe Pignatelli sj (1737-1811),
Curia Generalizia della Compagnia di Gesù,
Roma 1954, pp. 113-114.

 

L’incertezza del tempo in cui a Dio piaccia chiamarmi a sé, e la certezza che un tal tempo sia vicino, attesa l’età avanzata, e la moltitudine, la lunga durata, e la gravita di travagli troppo superiori alla mia debolezza mi avvertono di adempire preventivamente i miei doveri, potendo facilmente accadere, che la qualità dell’ultima malattia mi impedisca d’adempirli in articolo di morte.

 

Pertanto, considerandomi sul punto di presentarmi al tribunale dell’infallibile emerita e giustizia, qual è il solo tribunale divino, dopo lunga e matura considerazione e dopo aver pregato umilmente il mio misericordioso Redentore e terribile giudice a non permettere che io mi lasci condurre da passione specialmente in una delle ultime azioni della mia vita, non per veruna amarezza d’animo, né per verun altro affetto o fine vizioso, ma solo perché giudico essere mio dovere di rendere giustizia alla verità e alla innocenza, faccio le due seguenti dichiarazioni e proteste.

 

1° Dichiaro e protesto che l’estinta Compagnia di Gesù non ha dato motivo alcuno alla sua soppressione. Lo dichiaro e protesto con quella certezza che può moralmente aversi da un superiore bene informato della sua religione.

 

2° Dichiaro e protesto che io non ho dato motivo alcuno neppure leggierissimo alla mia carcerazione. Lo dichiaro e protesto con quella somma certezza ed evidenza, che ha ciascheduno delle proprie azioni. Faccio questa seconda protesta solo perché necessaria alla riputazione della estinta Compagnia di Gesù, della quale io ero Preposito Generale.

 

Non intendo peraltro che in vigore di queste mie proteste possa giudicarsi colpevole avanti a Dio veruno di quelli, che hanno recato danno alla Compagnia di Gesù ed a me; siccome io mi astengo da somigliante giudizio. I pensieri della mente e gli affetti del cuore umano son noti a Dio solo. Esso solo vede gli errori dell’intelletto umano e discerne se siano tali che scusino da colpa: solo Esso penetra i fini che muovono ad operare, lo spirito con cui si opera, gli affetti e i movimenti del cuore co’ quali si accompagna l’operazione e poiché da questi dipende l’innocenza o la reità dell’azione esterna, perciò ne lascio tutto il giudizio a lui, che interrogabit opera et cogitationes scrutabitur. Sap. 6, v. 4.

 

E per soddisfare al dovere cristiano, protesto di avere sempre Col divino aiuto perdonato e di perdonare sinceramente a tutti quelli, che mi hanno travagliato e danneggiato, prima cogli aggravi fatti alla Compagnia di Gesù, poi colla estinzione della medesima e circostanze che accompagnarono l’estinzione, e finalmente colla mia prigionia e colle durezze che vi sono state aggiunte, e col pregiudizio annessa della riputazione: fatti che sono pubblici e notori in tutto il mondo.

 

Prego il Signore di perdonare prima a me per sua mera pietà e misericordia e per i meriti di Gesù Cristo i miei moltissimi peccati; e poi di perdonare gli autori e cooperatori de’ sopraddetti mali e danni: e intendo di morire con questo sentimento e preghiera in cuore.

 

Finalmente prego e scongiuro chiunque vedrà queste mie dichiarazioni e proteste di renderle pubbliche a tutto il mondo per quanto potrà; prego e scongiuro per tutti i titoli di umanità, di giustizia, di carità cristiana, che possono a ciascuno persuadere l’adempimento di questo mio desiderio e volontà.

 

Lorenzo Ricci manu propria

 

 

 

Altri autori

 

GIULIO CESARE FEDERICI, Le regole ignaziane «per sentire con la Chiesa».

 

FRANCESCO ROSSI DE GASPERIS, «Le regole per sentire nella Chiesa militante» (ES 352-370),
in «Tempi dello Spirito», FIES, 1992.

 

DIEGO MOLINA, «Iglesia», in «Dicionario de espiritualidad ignaciana», Mensajero-Sal Terrae,
Bilbao-Santander 2007, pp. 967-975.

 

GERMAN ARANA, «Le regole ignaziane per sentire nella Chiesa e con la Chiesa», Relazioni tenute
al convegno di spiritualità ignaziana (25-27.1.2008).

 

PIETRO SCHIAVONE, Per «sentire nella Chiesa», in «Discernere la volontà di Dio», Edizioni Paoline,
Milano 2018, pp. 133-142.

 

 

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