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Regole per sentire nella Chiesa Dagli
«Esercizi spirituali» di sant’Ignazio di Loyola |
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Testo delle “Regole” dagli Esercizi spirituali La Chiesa
nell’esperienza mistica di sant’Ignazio di Loyola Altri testi di
sant’Ignazio di Loyola Papa
Francesco, intervista 19 agosto 2013 Testamento del padre
generale Lorenzo Ricci (1775) |
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INTRODUZIONEIn questa pagina ho
raccolto il materiale usato per prepararmi a un incontro sulle Innanzitutto ho voluto
premettere un approfondimento del rapporto di Ignazio con la Chiesa Quindi ho scelto alcuni brani biblici che mi sembrano più adatti per un discorso sulla Chiesa. Infine ho riportato alcuni passi del Magistero
recente per sintonizzare la lettura delle “Regole” Ho aggiunto poi due
testimonianze: la prima di papa Francesco; la seconda di Lorenzo Ricci sj,
In fondo alla pagina si possono trovare i contributi di altri autori sulle “Regole”. [352] REGOLE DA OSSERVARE PER
AVERE L’AUTENTICO SENTIRE NELLA CHIESA MILITANTE
[353] La prima. Deposto ogni giudizio,
dobbiamo tenere l’animo disposto e pronto per obbedire in tutto alla vera
sposa di Cristo nostro Signore che è la nostra santa madre Chiesa gerarchica.
[354] La seconda. Lodare il confessarsi
col sacerdote, e il ricevere il santissimo sacramento una volta all’anno, e
molto più ogni mese, e molto meglio ogni otto giorni, con le condizioni
richieste e dovute. [355] La terza. Lodare l’ascoltare
spesso la messa; così pure canti, salmi e lunghe orazioni, in chiesa e fuori
di essa; similmente, ore stabilite a tempo destinato per ogni ufficio divino
e per ogni preghiera e tutte le ore canoniche. [356] La quarta. Lodare molto la vita
religiosa, verginità e continenza, e non in uguale misura il matrimonio. [357] La quinta. Lodare i voti
religiosi, di obbedienza, di povertà, di castità e altri di maggiore
perfezione. Bisogna avvertire che, siccome il voto riguarda cose che si
riferiscono alla perfezione evangelica, nelle cose che si allontanano da essa
non si deve fare voto, come essere mercante o sposarsi, ecc. [358] La sesta. Lodare reliquie dei
santi, venerando quelle e pregando questi; lodare stazioni, pellegrinaggi,
indulgenze, perdonanze, crociate e candele accese nelle chiese. [359] La settima. Lodare disposizioni
circa digiuni e astinenze, come quelli di quaresima, quattro tempora, vigilie, venerdì e sabato;
così pure penitenze non solo interne ma anche esterne. [360] L’ottava. Lodare ornamenti ed
edifici di chiese; così pure immagini, venerandole secondo quello che
rappresentano. [361] La nona. Lodare finalmente tutti
i precetti della Chiesa, tenendo l’animo pronto a cercare ragioni in sua
difesa e in nessuna maniera in sua offesa. [362] La decima. Dobbiamo essere più
pronti ad approvare e lodare tanto le disposizioni e raccomandazioni quanto i
comportamenti dei nostri superiori. Sebbene alcune non siano o non siano
state tali, parlare contro di esse, sia predicando in pubblico sia
conversando davanti al popolo semplice, genererebbe più mormorazione e
scandalo che vantaggio; e così si indignerebbe il popolo contro i suoi
superiori, sia temporali sia spirituali. Tuttavia, come fa danno parlare male
in assenza dei superiori alla gente semplice, così può essere utile parlare
dei loro cattivi comportamenti con persone che possono porvi rimedio. [363] L’undicesima. Lodare la dottrina
positiva e scolastica. Come infatti è più proprio dei dottori positivi - come
san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio, ecc. -, muovere gli affetti per
amare e servire in tutto Dio nostro Signore, così è più proprio degli
scolastici - come san Tommaso, san Bonaventura e il Maestro delle Sentenze,
ecc. -, definire o chiarire per i nostri tempi le cose necessarie alla
salvezza eterna, e per meglio confutare e chiarire tutti gli errori e tutte
le falsità. I dottori scolastici infatti essendo più moderni, non solo si
giovano della vera intelligenza della sacra Scrittura e dei positivi e santi
dottori, ma essendo anche illuminati e rischiarati dalla virtù divina, si
giovano dei concili, canoni e disposizioni di nostra santa madre Chiesa. [364] La dodicesima. Dobbiamo guardarci
dal fare confronti tra coloro che siamo in vita e i beati trapassati; ché non
poco si sbaglia in questo, cioè nel dire: “Questo sa più di sant’Agostino, è
un altro san Francesco o più, è un altro san Paolo in bontà, santità, ecc.”. [365] La tredicesima. Per essere sicuri
di non sbagliare dobbiamo sempre regolarci in questo modo: quello che io vedo
bianco, creda che sia nero, se la Chiesa gerarchica così stabilisce; certi
che tra Cristo nostro Signore, sposo, e la Chiesa, sua sposa vi è lo stesso
spirito che ci governa e regge per la salvezza delle nostre anime. Infatti
dal medesimo Spirito e Signore nostro, che diede i dieci comandamenti, è
retta e governata nostra santa madre Chiesa. [366] La quattordicesima. Benché sia
verissimo che nessuno può salvarsi senza essere predestinato e senza avere
fede e grazia, si deve fare molta attenzione nel modo di parlare e comunicare
tutte queste cose. [367] La quindicesima. Non dobbiamo
parlare molto e in modo abituale della predestinazione; ma se in qualche
maniera e alcune volte se ne parlerà, se ne parli in modo che il popolo
semplice non cada in errore alcuno. Può capitare così quando si dice: “Se
devo essere salvato o condannato, è già stabilito, e per me fare bene o male
non cambia nulla”; Con questo ci si impigrisce e si trascurano le opere che
conducono alla salvezza e progresso spirituale delle loro anime. [368] La sedicesima. Bisogna ugualmente
stare attenti che il parlare della fede molto e con molta insistenza, senza
alcuna distinzione e spiegazione, non dia occasione al popolo di diventare
negligente e pigro nell’operare, sia quando la fede non è ancora radicata
nella carità sia dopo. [369] La diciassettesima. Ugualmente
non dobbiamo parlare molto diffusamente, insistendo tanto sulla grazia, in
modo tale da ingenerare veleno che tolga la libertà. Di maniera che si può
parlare quanto è possibile della fede e grazia mediante l’aiuto divino, per
maggiore lode di sua divina maestà; ma non in maniera né in termini tali che,
soprattutto ai nostri tempi così pericolosi, le opere e il libero arbitrio ne
ricevano qualche detrimento o siano tenuti per nulla. [370] La diciottesima. Sebbene si debba
stimare sopra ogni cosa il servire molto Dio nostro Signore per puro amore,
dobbiamo tuttavia lodare assai il timore di sua divina maestà. Infatti, non
solo il timore filiale è cosa pia e santissima, ma anche il timore servile
aiuta molto a uscire dal peccato mortale, qualora non si arrivi ad altro di
meglio o di più utile; e una volta che se ne è usciti, facilmente si perviene
al timore filiale, che è totalmente accetto e gradito a Dio nostro Signore,
essendo una cosa sola con l’amore divino. LA CHIESA NELL’ESPERIENZA
MISTICA DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA
ALTRI TESTI DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLAAUTOBIOGRAFIA [85] A quel tempo avevano già
deciso, tutti insieme, quello che volevano fare: sarebbero andati a Venezia,
poi a Gerusalemme, e avrebbero speso la loro vita per il bene delle anime. Se
non ottenevano il permesso di stabilirsi a Gerusalemme, tornati a Roma si
sarebbero Vicario di Cristo. Avevano anche stabilito di attendere
l'imbarco per un anno a Venezia; se entro quell'anno non fossero riusciti a
imbarcarsi per il Levante, si sarebbero considerati sciolti dal voto di
andare a Gerusalemme, sarebbero andati dal Papa, eccetera. [96] L'anno trascorse senza
alcuna possibilità di imbarco. Allora decisero di partire per Roma; e vi andò
anche il pellegrino […] Viaggiarono verso Roma suddivisi in tre o quattro gruppi;
il pellegrino era con Favre e Laínez, e durante questo viaggio ricevette da
Dio favori straordinari. Aveva deliberato che, una volta sacerdote, sarebbe
rimasto un anno senza celebrare la messa per prepararvisi e per pregare la
Madonna che lo volesse mettere con il suo Figlio. Un giorno, trovandosi
ormai a poche miglia da Roma, mentre in una chiesa faceva orazione, sentì
nell'animo una profonda mutazione e vide tanto chiaramente che Dio
Padre lo metteva con Cristo suo Figlio da non poter più in alcun modo
dubitare che di fatto Dio Padre lo metteva con il suo Figlio. [22] PRESUPPOSTO Affinché tanto chi dà gli esercizi come chi li riceve
più si aiutino e traggano vantaggio, bisogna presupporre che ogni buon
cristiano dev’essere più pronto a salvare una affermazione del prossimo che a
condannarla; e se non può salvarla, cerchi di sapere in che senso l’intenda,
e se l’intendesse in modo sbagliato, lo corregga con amore; e se non
basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché, intendendola rettamente, si
salvi. DUE BANDIERE [144] Considerare come Cristo nostro Signore si pone
in un grande campo di quella regione di Gerusalemme, in luogo umile, bello e
grazioso. [145] Considerare come il Signore di tutto il mondo
sceglie tante persone, apostoli, discepoli, ecc., e li invia per
tutto il mondo a spargere la sua sacra dottrina tra persone di ogni stato
e condizione. [146] Considerare il discorso che Cristo nostro
Signore fa a tutti i suoi servi e amici, che invia per tale missione,
raccomanda loro di volere aiutare tutti portandoli: primo, a somma
povertà spirituale e, se sua divina maestà fosse servita e li volesse
eleggere, non meno alla povertà attuale; secondo, al desiderio di ignominie
e disprezzi, perché da queste due cose deriva l’umiltà; di modo che tre
siano i gradini: il primo, povertà contro la ricchezza; il secondo, ignominia
o disprezzo contro l’onore mondano; il terzo, umiltà contro la superbia;
e da questi tre gradini inducano a tutte le altre virtù. [147] Un colloquio con nostra Signora perché
mi ottenga da suo Figlio e Signore la grazia di essere ricevuto sotto la
sua bandiera: primo, in somma povertà spirituale e non meno nella
povertà attuale, se sua divina maestà fosse servita e mi volesse scegliere e
ricevere; secondo, nel sopportare ignominie e ingiurie, per più
imitarlo in essi, purché possa sopportarli senza peccato di persona alcuna né
dispiacere di sua divina maestà; e con questo un’Ave Maria. Secondo
colloquio: chiedere le stesse cose al Figlio, perché me l’ottenga dal
Padre; e con questo dire Anima Christi. Terzo colloquio: chiedere altrettanto
al Padre, perché me lo conceda; e dire un Pater noster. COME CRISTO NOSTRO SIGNORE APPARVE A NOSTRA SIGNORA [221] Chiedere grazia per rallegrarmi e godere intensamente
di tanta gloria e gioia di Cristo nostro Signore. [223] Considerare come la divinità, che sembrava
nascondersi nella passione, appare e si manifesta ora così
miracolosamente nella santissima risurrezione, attraverso i suoi veri e
santissimi effetti. [224] Considerare il compito di consolatore
che Cristo nostro Signore svolge, paragonandolo al modo con cui gli amici
sono soliti consolare gli altri. CONTEMPLAZIONE PER OTTENERE AMORE [235] Osservare come Dio abita nelle creature:
negli elementi dando essere, nelle piante facendo vegetare, negli animali
fornendoli di sensi, negli uomini dando l’intendere; e così in me dandomi
essere, vita, sensi e facendomi intendere; così pure col fare di me un
tempio, essendo io creato a somiglianza e immagine di sua divina maestà. DELIBERAZIONE DEI PRIMI PADRI (QUARESIMA 1539) Alla prima riunione notturna fu presa in esame la
questione: dopo aver offerto e consacrato noi stessi e la nostra vita a
Cristo nostro Signore e al suo vero e legittimo Vicario in terra perché egli
disponga di noi e ci mandi là dove giudica che noi possiamo portare frutto
(...), è più utile che siamo tra noi così strettamente uniti in un solo
corpo che nessuna separazione e distanza, per quanto grande, ci possa
dividere? O forse questo non è così utile? […] Alla fine decidemmo per la
prima alternativa e cioè: dal momento che il Signore nella sua generosa
bontà ha voluto adunare e unire insieme noi, così deboli e provenienti da
regioni e civiltà tanto diverse, non dobbiamo spezzare questa unione e
comunità voluta da Dio; dobbiamo anzi mantenerla salda e rafforzarla, stringendoci
in un solo corpo, attenti e premurosi gli uni verso gli altri, in vista del
bene maggiore delle anime. Il valore di molti uniti insieme ha certo più
vigore e consistenza, per ottenere qualunque arduo risultato, che non se si
disperde in più direzioni. In tutto ciò che abbiamo detto e diremo su questi
problemi intendiamo attenerci a questo criterio: nessuna cosa vogliamo
sostenere di nostra testa o esclusivamente a nostro sentire, ma solo quel
progetto che il Signore ispiri e la Sede Apostolica confermi e approvi, di
qualunque cosa si tratti. FORMULA DELL’ISTITUTO, LETTERA APOSTOLICA “EXPOSCIT
DEBITUM” (21 LUGLIO 1550) 1. Chiunque, nella nostra Compagnia che desideriamo
insignita del nome di Gesù, vuole militare per Iddio sotto il vessillo
della croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa, a
disposizione del Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra… COSTITUZIONI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ [603] … E per trattare anzitutto della missione da
parte di Sua Santità, che è la più importante, si deve avvertire che l'intento
del voto fatto dalla Compagnia di prestargli obbedienza come a Supremo
Vicario di Cristo (B), senza addurre alcuna scusa, si riferiva a
qualsiasi destinazione, dove egli giudicasse opportuno inviarne i soggetti, per
la maggior gloria di Dio e il bene delle anime, così tra i fedeli come
tra gli infedeli. Né la Compagnia ebbe di mira un luogo particolare, ma di
essere sparsa per il mondo, nelle diverse regioni e luoghi, nel desiderio di
riuscir meglio nello scopo, lasciando al Sommo Pontefice la ripartizione dei
suoi soggetti. [605] B. Il quarto voto al Papa non aveva di mira un
luogo particolare, ma di recarsi qua e là nelle varie parti del mondo.
Infatti, siccome i primi uomini della Compagnia che si riunirono erano di
diverse provincie e regni, e non sapevano in quali paesi andare, se tra i
fedeli o gl'infedeli, per non errare nella via del Signore, fecero questa
promessa o voto, per lasciare a Sua Santità di distribuirli a maggior gloria
di Dio conforme alla loro intenzione di spargersi attraverso il mondo. E,
qualora non avessero raccolto il frutto spirituale sperato in una parte, se
ne sarebbero andati in un'altra e poi in un'altra, alla ricerca della maggior
gloria di Dio nostro Signore e dell'aiuto delle anime. TESTI BIBLICIMt
18,19-20 In verità io vi dico
ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. Gv
13,34-35; 15,12-13 Vi do un comandamento
nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi
anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Questo
è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici. Gv 17,
15-23 Non prego che tu li tolga
dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come
io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come
tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io
consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego
solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro
parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in
te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la
gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa
come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti
nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come
hai amato me. Ef
5,25-33 E voi, mariti, amate le
vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per
lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la
parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia
né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti
hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria
moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi
la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra
del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a
sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande:
io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da
parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa
verso il marito. Ap 19,7 Rallegriamoci ed
esultiamo, Ap
21,2 E vidi anche la città santa, la
Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna
per il suo sposo. Ap
21,9 Poi venne uno dei sette angeli, che hanno
le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti
mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello». Ap
22,17 Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E
chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda
gratuitamente l'acqua della vita. TESTI DEL MAGISTEROCONCILIO
VATICANO II, LUMEN GENTIUM, CAP. I: IL MISTERO DELLA CHIESA
1. La Chiesa sacramento
di Cristo Cristo è la luce delle
genti, e questo sacro Concilio, adunato nello Spirito santo, ardentemente
desidera che la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, illumini
tutti gli uomini annunziando il vangelo a ogni creatura (cf. Mc 16, 15). E
siccome la Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e
strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano,
continuando l'insegnamento dei precedenti concili, intende con maggiore
chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la sua natura e la sua
missione universale. Le condizioni del nostro tempo rendono più urgente
questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente
uniti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire
una piena unità in Cristo. 2. Il disegno salvifico
universale del Padre L'eterno Padre, con
liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, ha creato l'universo, ha
decretato di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina e,
quando essi caddero in Adamo, non li ha abbandonati, ma sempre ha prestato
loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, "il
quale è l'immagine dell'invisibile Dio, generato prima di ogni creatura"
(Col 1, 15). Tutti gli eletti il Padre fino dall'eternità "li ha conosciuti
nella sua prescienza e li ha predestinati a essere conformi alla immagine del
Figlio suo, affinché egli sia il primogenito di una moltitudine di
fratelli" (Rom 8, 29). I credenti in Cristo li ha
voluti convocare nella santa Chiesa, la quale, già prefigurata sino dal
principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele
e nell'antica alleanza e istituita "negli ultimi tempi", è stata
manifestata dall'effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine
dei secoli. Allora, come si legge nei santi padri, tutti i
giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo
eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale. 3. Missione e opera del
Figlio E' venuto quindi il Figlio,
mandato dal Padre, il quale in lui prima della fondazione del mondo ci ha
eletti e ci ha predestinati a essere adottati in figli, perché in lui si
compiacque di ricapitolare tutte le cose (cf. Ef 1, 4-5 e 10). Perciò Cristo,
per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli
e ce ne ha rivelato il mistero, e con la sua obbedienza ha operato la
redenzione. La Chiesa, ossia il regno
di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente
nel mondo. Questo inizio e questa crescita sono
simboleggiati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù
crocifisso (cf. Gv 19, 34), e sono preannunziati dalle parole del Signore
circa la sua morte in croce: "E io, quando sarò levato in alto da terra,
tutti attirerò a me" (Gv 12, 32 gr.). Ogni volta che il sacrificio della
croce, "col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato
immolato" (1 Cor 5, 7), viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera
della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico,
viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo
corpo in Cristo (cf. 1 Cor 10, 17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa
unione con Cristo, che è la luce del mondo; da lui veniamo, per lui viviamo,
a lui siamo diretti. 4. Lo Spirito
santificatore della Chiesa Compiuta l'opera che il
Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cf. Gv 17, 4), il giorno di
pentecoste fu inviato lo Spirito santo per santificare continuamente la
Chiesa, e i credenti avessero così per
Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cf. Ef 2, 18). Questi è
lo spirito che dà la vita, o la sorgente di acqua zampillante per la vita
eterna (cf. Gv 4, 14; 7, 38-39); per lui il Padre ridà la vita agli uomini,
morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi
mortali (cf. Rom 8, 10-11). Lo spirito dimora nella
Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio
(cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19) e in essi prega e rende testimonianza della adozione
filiale (cf. Gal 4, 6; Rom 8, 15-16 e 26). Egli guida la Chiesa verso tutta
intera la verità (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio,
la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, coi quali la dirige, la
abbellisce dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal 5, 22). Con la
forza del vangelo fa ringiovanire la Chiesa,
continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo sposo.
Poiché la Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni: (cf. Ap 22, 17).
Così la Chiesa universale si presenta come "un popolo
adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo".
EVANGELII GAUDIUM, CAP. PRIMO - LA TRASFORMAZIONE MISSIONARIA
DELLA CHIESA
26. Paolo VI invitò ad ampliare l’appello al rinnovamento, per
esprimere con forza che non si rivolgeva solo ai singoli individui, ma alla
Chiesa intera. Ricordiamo questo testo memorabile che non ha perso la sua
forza interpellante: «La Chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa,
meditare sul mistero che le è proprio […] Deriva da questa illuminata ed
operante coscienza uno spontaneo desiderio di confrontare l’immagine
ideale della Chiesa, quale Cristo vide, volle ed amò, come sua Sposa santa ed
immacolata (Ef 5,27), e il volto reale, quale oggi la Chiesa presenta
[…] Deriva perciò un bisogno generoso e quasi impaziente di rinnovamento, di
emendamento cioè dei difetti, che quella coscienza, quasi un esame interiore
allo specchio del modello che Cristo di sé ci lasciò, denuncia e rigetta». Il
Concilio Vaticano II ha presentato la
conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per
fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste
essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa
peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma,
di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci
sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo
evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita
che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito
evangelico, senza “fedeltà della Chiesa alla propria vocazione”, qualsiasi
nuova struttura si corrompe in poco tempo. PAPA FRANCESCO, INTERVISTA DI ANTONIO
SPADARO,
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TESTAMENTO DEL PADRE
GENERALE LORENZO RICCI
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L’incertezza del tempo in cui a Dio piaccia chiamarmi a sé, e
la certezza che un tal tempo sia vicino, attesa l’età avanzata, e la
moltitudine, la lunga durata, e la gravita di travagli troppo superiori alla
mia debolezza mi avvertono di adempire preventivamente i miei doveri, potendo
facilmente accadere, che la qualità dell’ultima malattia mi impedisca
d’adempirli in articolo di morte.
Pertanto,
considerandomi sul punto di presentarmi al tribunale dell’infallibile emerita
e giustizia, qual è il solo tribunale divino, dopo lunga e matura
considerazione e dopo aver pregato umilmente il mio misericordioso Redentore
e terribile giudice a non permettere che io mi lasci condurre da passione
specialmente in una delle ultime azioni della mia vita, non per veruna
amarezza d’animo, né per verun altro affetto o fine vizioso, ma solo perché
giudico essere mio dovere di rendere giustizia alla verità e alla innocenza,
faccio le due seguenti dichiarazioni e proteste.
1° Dichiaro e protesto che l’estinta Compagnia di
Gesù non ha dato motivo alcuno alla sua soppressione. Lo dichiaro e
protesto con quella certezza che può moralmente aversi da un superiore bene
informato della sua religione.
2° Dichiaro e protesto che io non ho dato motivo
alcuno neppure leggierissimo alla mia carcerazione. Lo dichiaro e
protesto con quella somma certezza ed evidenza, che ha ciascheduno delle
proprie azioni. Faccio questa seconda protesta solo perché necessaria alla
riputazione della estinta Compagnia di Gesù, della quale io ero Preposito
Generale.
Non intendo peraltro che in
vigore di queste mie proteste possa giudicarsi colpevole avanti a Dio veruno
di quelli, che hanno recato danno alla Compagnia di Gesù ed a me; siccome io mi astengo da
somigliante giudizio. I pensieri della mente e gli affetti del cuore umano
son noti a Dio solo. Esso solo vede gli errori dell’intelletto umano e
discerne se siano tali che scusino da colpa: solo Esso penetra i fini che
muovono ad operare, lo spirito con cui si opera, gli affetti e i movimenti
del cuore co’ quali si accompagna l’operazione e poiché da questi dipende
l’innocenza o la reità dell’azione esterna, perciò ne lascio tutto il
giudizio a lui, che interrogabit opera et cogitationes scrutabitur.
Sap. 6, v. 4.
E per soddisfare al dovere cristiano, protesto di
avere sempre Col divino aiuto perdonato e di perdonare sinceramente a tutti
quelli, che mi hanno travagliato e danneggiato, prima cogli aggravi fatti alla
Compagnia di Gesù, poi colla estinzione della medesima e circostanze che
accompagnarono l’estinzione, e finalmente colla mia prigionia e colle durezze
che vi sono state aggiunte, e col pregiudizio annessa della riputazione:
fatti che sono pubblici e notori in tutto il mondo.
Prego il Signore di
perdonare prima a me per sua mera pietà e misericordia e per i meriti di Gesù
Cristo i miei moltissimi peccati; e poi di perdonare gli autori e
cooperatori de’ sopraddetti mali e danni: e intendo di morire con questo
sentimento e preghiera in cuore.
Finalmente prego e scongiuro chiunque vedrà queste
mie dichiarazioni e proteste di renderle pubbliche a tutto il mondo per
quanto potrà; prego e scongiuro per tutti i titoli di umanità, di giustizia,
di carità cristiana, che possono a ciascuno persuadere l’adempimento di
questo mio desiderio e volontà.
Lorenzo Ricci manu propria
GIULIO CESARE FEDERICI, Le regole ignaziane «per sentire con la Chiesa».
FRANCESCO ROSSI DE
GASPERIS, «Le regole per sentire nella
Chiesa militante» (ES 352-370),
in «Tempi dello Spirito», FIES, 1992.
DIEGO MOLINA, «Iglesia»,
in «Dicionario de espiritualidad ignaciana», Mensajero-Sal
Terrae,
Bilbao-
GERMAN ARANA, «Le regole ignaziane per
sentire nella Chiesa e con la Chiesa», Relazioni tenute
al convegno di spiritualità ignaziana (25-27.1.2008).
PIETRO SCHIAVONE, Per «sentire nella Chiesa»,
in «Discernere la volontà di Dio», Edizioni Paoline,
Milano 2018, pp. 133-142.