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La
contemplazione Guardare
Dio e il mondo negli occhi di Gesù abbandonato |
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La contemplazione (cf. ES
101-117) Gesù crocifisso e abbandonato, «l’Amore più grande» Nella preghiera delle Lodi, oltre al salmo 148, propongo due testi sulla contemplazione. Aldous Huxley - In tutte le formulazioni storiche della filosofia
perenne è assio- Filone - Case, città, campagne e nazioni hanno goduto
di una grande felicità quando un singolo individuo si è preso cura del
Buono e del Bello (…) Tali uomini non solo liberano se stessi; essi riempiono
di una mente libera coloro che incontrano. Introduco il tema della giornata, facendo riferimento a due esercizi proposti da Ignazio di Loyola nel suo libretto: l’incarnazione e la “applicazione dei sensi”, e indicando due brani per la preghiera personale (Lc 7,1-10; Gv 12,1-8). Etty Hillesum (Diario, 97) - Un pozzo molto profondo è dentro di me. E
Dio c’è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di
raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo co- Che cos’è la contemplazione?
Una via per vivere il
mistero della vita di Cristo, della Chiesa e dell’umanità che si è svolto nel
passato e che nello Spirito avviene per me nel momento storico (tempo e
spazio) della contemplazione (cf. la celebrazione
eucaristica). Un’esperienza
di comunione nello Spirito Santo tra due o più persone viventi (io, Gesù,
Maria ecc.), coinvolte con anima (memoria, immaginazione, intelligenza, volontà),
corpo (cinque sensi) e divinità. Un incontro nel quale
sperimento la relazione di amore reciproco tra il mio amore
(eros: energia vitale, affetti, sentimenti ecc.) e l’amore di Dio-Trinità
(agape). Un cammino pedagogico nel
quale la mia sensibilità si apre al dono dello Spirito, o meglio, impara a
lasciar vivere lo Spirito in sé, perché io diventi ciò che sono per grazia:
figlio/a di Dio, Dio per partecipazione. Un esercizio che mi rende
sempre più capace di “sentire Dio” dove lui è: in me, in ogni persona, nei
nostri rapporti, nelle cose, nelle circostanze del momento presente, nei momenti gioiosi e dolorosi della mia vita. La contemplazione (cf.
ES 101-117)
- Ricordare la storia (fare
memoria) - Immaginare il luogo - Chiedere la grazia che
voglio - Vedere le persone,
riflettere in me e ricavare frutto - Ascoltare ciò che dicono le
persone, riflettere in me e ricavare frutto - Osservare ciò che fanno le
persone, riflettere in me e ricavare frutto - Odorare e gustare con
l’odorato e con il gusto “l’infinita soavità e dolcezza - Toccare con il tatto i
luoghi ecc., riflettere in me e ricavare frutto (cf. ES 125) - Fare un colloquio - Concludere con un Padre
nostro, oppure un Ave Maria ecc. - Cosa ho sentito? Qual è il frutto? La Parola di Dio della celebrazione eucaristica aggiunge un altro
tassello alla giornata: celebrare la Pasqua (Gs 5,9-12) significa vivere l’amore misericordioso del Padre
(Lc 15) che in Gesù arriva fino al più lontano, facendosi peccato (2Cor 5,17-21): «Colui
che non Nel pomeriggio gli amici del Movimento dei Focolari ci fanno contemplare l’opera di Dio nella vita di Chiara Lubich, attraverso un video nel quale possiamo ascoltare la sua testimonianza di fede. Poi raccontano alcune esperienze vissute in famiglia,
tra i giovani, sul lavoro, tutte centrate nel mistero di Gesù crocifisso e abbandonato, «l’Amore più grande».
Per la preghiera personale utilizziamo le parole di Chiara Lubich del video: “E
non è stato ancora compreso che l’ideale più grande che un cuore umano possa
desiderare, l’unità, è un vago sogno, ed una chimera
se chi lo vuole non pone nel suo cuore come unico tutto Gesù da tutti
abbandonato, anche dal Padre Suo. E
solo a forza di abbracciare con tutto il cuore Gesù Abbandonato, tutto una piaga nel corpo e tutto una tenebra nell’anima,
che vi formerete all’unità. Lì è il segreto del più grande ed
ultimo sogno di Gesù: Ut omnes unum sint. E voi, e
noi, fatti partecipi di questo infinito dolore, contribuiremo
effettivamente all’unità di tutti i fratelli”. Siccome
il nostro Ideale tendeva all’unità, abbiamo capito che in Lui era proprio la
chiave dell’unità, perché Lui era stato Colui che ha
vinto la più grande disunità, cioè la disunità degli uomini con Dio, perché
peccatori, e fra loro. Quando
io incontro un dolore, incontro Lui, il Verbo di Dio, la seconda divina Persona,
incarnandosi ha assunto la natura umana con tutti i suoi limiti, con tutte le
sue debolezze, con tutte le sue divisioni, ha assunto tutto Lui. Si è preso
Lui anche i nostri peccati per poter corrispondere a
Dio, pagarli al posto nostro. Per cui ogni volta, che noi
incontriamo, non so una… divisione fra le Chiese, una divisione nelle
famiglie, una divisione nelle scuole, ecco vediamo Lui e anziché allontanarci,
andiamo a Lui. E
il dolore si vince, si vince. Perché Lui ce l’ha insegnato, Lui ha gridato… “Dio mio, perché mi hai
abbandonato”… e poi, subito… “nelle Tue mani”. Lui ha superato, e ci insegna
anche a noi, quando c’è il dolore, ad andare aldilà, a dire “sì, sì, lo
voglio, sei Tu, sei Tu, sei proprio Tu, ti voglio”… E
se si fa bene questo e poi si continua a vivere, sparisce il dolore, sparisce il dolore. È
una alchimia, succede una alchimia divina, perché al
posto dell’Abbandonato, del Crocifisso in te, vien lì il Risorto, con tutti i
doni dello Spirito, quindi la gioia, la pace… questa è esperienza quotidiana
di tutti i nostri, anche dei bambini, dei giovani, di tutti. Ci ritroviamo di nuovo tutti insieme per un tempo di comunione e dialogo fraterno. Una signora dice: «Oggi ho capito che il dolore ha un senso». La preghiera di Vespri conclude
la giornata, con il cantico del Magnificat e altri due testi sulla
contemplazione. Jiddu Krishnamurti - Essere religiosi significa essere sensibili alla
realtà. L’intero vostro essere (corpo, mente, cuore) è sensibile alla
bellezza e alla bruttezza, all’asino legato ad un
palo, alla povertà e alla sporcizia di questa città, alle risate e alle
lacrime, a tutto ciò che vi circonda… Da questa sensibilità per l’intera
esistenza scaturiscono la bontà e l’amore (…) La mente che ama è una mente
realmente religiosa perché è inserita nel flusso della realtà, della verità,
di Dio, e solo una mente simile può conoscere cos’è la verità (…) essere
sensibili significa provare affetto per le persone, per gli uccelli, per i
fiori, per gli alberi, non perché siano vostri, ma semplicemente perché siete
aperti alla straordinaria bellezza delle cose (…) se siete sensibili c’è in
voi un desiderio spontaneo di non distruggere le cose, di non ferire le
persone, il che significa avere rispetto e amore… Benedetto XVI (Quaresima 2013) - Tutta
la vita cristiana è un rispondere all'amore di Dio. La prima risposta è
appunto la fede come accoglienza piena di stupore e gratitudine di
un’inaudita iniziativa divina che ci precede e ci sollecita. E il «sì» della
fede segna l’inizio di una luminosa storia di amicizia con il Signore, che
riempie e dà senso pieno a tutta la nostra esistenza. Dio però non si
accontenta che noi accogliamo il suo amore gratuito. Egli non si limita ad
amarci, ma vuole attiraci a Sé, trasformarci in modo così profondo da
portarci a dire con san Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (cf Gal 2,20). Quando noi
lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della
sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in
noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra
fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal
5,6) ed Egli prende dimora in noi (cf
1Gv 4,12). |