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Autobiografia
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AUTOBIOGRAFIAUna conversazione non riuscita. [15]
Avvenne dunque che mentre andava per la sua strada lo raggiunse un moro che
cavalcava un mulo. Si misero a conversare e il discorso cadde su nostra
Signora. Il moro sosteneva che, certo, la Vergine aveva concepito senza
intervento d'uomo; ma che avesse partorito restando vergine, questo non lo
poteva ammettere; e a sostegno di ciò adduceva i motivi naturali che gli si
presentavano alla mente. Da questa opinione il pellegrino, per quanti
argomenti portasse, non riuscì a smuoverlo. Poi il moro si allontanò
velocemente, tanto che lo perse di vista; ed egli rimase pensieroso,
riflettendo su quanto era intervenuto con quell'uomo. E insorsero in lui impulsi
che gli provocavano un senso di scontentezza sembrandogli di aver mancato al
suo dovere, e lo movevano a sdegno contro il moro. Gli pareva di aver fatto
male a permettere che egli facesse quelle affermazioni su nostra Signora, e
di essere obbligato a difenderne l'onore. Gli veniva voglia di andarlo a
cercare e di prenderlo a pugnalate per le affermazioni che aveva fatto. Restò
a lungo in subbuglio, combattuto da questi impulsi, e alla fine rimase
perplesso senza sapere cosa era tenuto a fare. Prima di allontanarsi il moro
gli aveva detto che era diretto a una località poco distante, lungo il suo
stesso cammino, era molto vicina alla strada maestra, ma questa non
l'attraversava. [16]
Stanco di riflettere cosa era meglio fare, senza vedere una soluzione sicura
a cui attenersi, decise così: lasciare andare la mula a briglia sciolta fino
al punto in cui le strade si dividevano. Poi, se la mula avesse imboccato la
via del paese, avrebbe raggiunto il moro e lo avrebbe pugnalato; se invece
avesse proseguito per la strada maestra, lo avrebbe lasciato perdere. Seguì
questa idea; l'abitato era distante solo trenta o quaranta passi e la strada
che vi conduceva era larga e comoda; ma nostro Signore fece sì che la mula la
lasciasse da parte e scegliesse la via principale. Le prime esperienze a Manresa e
Barcellona: l’avida ricerca di persone spirituali [21]
Ma subito dopo la tentazione ora riferita, cominciò a sperimentare un
accentuato alternarsi di stati d'animo opposti. A volte si sentiva così arido
da non trovare gusto alcuno nella preghiera vocale, nell'ascoltare la messa,
e in ogni altra forma di meditazione che cercasse di fare. Altre volte
sperimentava, forte e improvviso, lo stato d'animo contrario, tanto da
sembrargli scomparsa ogni tristezza e desolazione: era come quando ci si
toglie la cappa dalle spalle. Allora cominciò a spaventarsi di questi
cambiamenti che non aveva mai provati fino a quel momento. E si domandava:
“Di che natura è questa vita nuova che ho intrapreso?” In quel tempo si
intratteneva ancora, talvolta, con persone spirituali che, avendo fiducia in
lui, desideravano parlargli. Non che avesse conoscenza della vita
spirituale, ma probabilmente perché, nel parlare, egli mostrava molto fervore
e molta decisione di progredire nel servizio di Dio. A Manresa c'era allora
una donna, molto avanti negli anni e nelle cose di Dio; come tale era nota in
molte parti della Spagna, tanto che il Re cattolico una volta l'aveva mandata
a chiamare per trattare con lei di certi argomenti. Questa donna
intrattenendosi un giorno con il nuovo soldato di Cristo gli disse: “Piaccia
al mio Signore Gesù Cristo di voler apparire a voi, una volta!” A queste
parole egli si spaventò, avendole interpretate così materialmente: come può
apparire a me Gesù Cristo? Frattanto perseverava nella consuetudine di
confessarsi e di comunicarsi ogni domenica. [26]
Al di fuori delle sette ore di preghiera, impiegava il suo tempo ad aiutare
nella vita spirituale alcune persone che si rivolgevano a lui. Tutto il
resto della giornata lo occupava in cose di Dio e a riflettere su ciò che
aveva meditato o letto quel giorno. [34]
Al sopraggiungere dell'inverno si ammalò gravemente. Per curarlo le autorità
cittadine lo fecero accogliere in casa di un certo Ferrera, che più tardi fu
a servizio di Baldassarre de Faria. Là ebbero cura di lui con molte
attenzioni, e parecchie signore della buona società, spinte dalla devozione
che già provavano per lui, venivano ad assisterlo durante la notte. Quando si
riprese da questa malattia rimase però molto debole e con frequenti dolori di
stomaco. Per questo motivo e perché quell'inverno era molto rigido, lo
convinsero a indossare un vestito, a calzarsi e a tenere un copricapo.
Riuscirono a fargli accettare due casacche di panno grossolano e una berretta
dello stesso panno, piccola come uno zucchetto. In quel periodo accadeva che,
molti giorni, era avido di intrattenersi su cose spirituali e di trovare
persone che ne fossero capaci. Intanto si avvicinava il tempo in cui si
era prefisso di partire alla volta di Gerusalemme. [37]
Poi si imbarcò. Era stato a Barcellona poco più di venti giorni. Quand'era
ancora a Barcellona, prima dell'imbarco, com'era sua abitudine, andava in
cerca di persone spirituali con cui intrattenersi, anche se conducevano vita
solitaria, lontano dalla città. Ma sia a Barcellona che a Manresa, per tutto
il tempo che vi rimase, non poté trovare persone che lo aiutassero quanto
desiderava. Solo quella donna di Manresa di cui si è parlato - quella che
diceva di pregare Dio affinché Cristo gli apparisse - gli pareva che fosse
più addentro nelle cose dello spirito. Perciò, dopo la partenza da
Barcellona, non si curò più di cercare persone spirituali. Ritorna da Gerusalemme e la
conversazione diventa un nuovo stile di annuncio, [42]
A Venezia […] Un giorno un ricco spagnolo lo avvicinò e gli chiese che cosa
faceva e dove voleva andare. Conosciuta la sua intenzione lo invitò a
mangiare a casa sua e poi lo tenne con sé alcuni giorni, finché tutto fu
pronto per la partenza. Fin dal tempo di Manresa il pellegrino aveva preso
questa abitudine: a tavola, quando mangiava con qualcuno, non parlava mai se
non per dare qualche breve risposta, ma stava ad ascoltare quello che si
diceva e fissava l'attenzione su alcuni argomenti da cui prendeva occasione
per parlare di Dio: così appunto faceva al termine del pasto. [65]
“Ma allora”, ribattè il vice-priore, “che cosa predicate?”. E il pellegrino:
“Noi non predichiamo; parliamo solo familiarmente con qualcuno delle cose
di Dio. Ad esempio, dopo mangiato, con le persone che ci invitano”. “Ma
di quali cose di Dio parlate? Perché è proprio questo che vorremmo sapere”.
“Parliamo”, continuò il pellegrino, “ora di una virtù, ora di un'altra e ne
facciamo l'elogio; ora di un vizio, ora di un altro, e lo condanniamo”. “E voi
che non avete studiato parlate di virtù e di vizi”, ribatté il frate. “Di
questi argomenti si può parlare solo a due titoli: o perché si è studiato, o
perché si è illuminati dallo Spirito Santo. Voi non avete studiato; dunque
siete illuminati dallo Spirito Santo”. Appunto a proposito
dell'illuminazione dello Spirito Santo vorremmo conoscere il vostro pensiero.
A questo punto il
pellegrino rimase un poco sopra pensiero; quel modo di argomentare non gli
sembrava molto logico. Dopo aver riflettuto un momento in silenzio, disse che
non c'era bisogno di parlare più a lungo su quell'argomento. Ma il
frate insisteva: “Come! Proprio adesso che circolano tanti errori di Erasmo e
di molti altri che seminano confusione tra la gente, voi non volete dar conto
di quello che insegnate?”. [66]
Il pellegrino dichiarò: “Padre, io non aggiungerò più una sola parola
a quello che ho già detto, se non davanti ai miei superiori che mi vi possono
obbligare”. A Parigi la conversazione
provoca conversioni e difficoltà: viene così integrata [77]
Dopo il primo ritorno dalle Fiandre cominciò a dedicarsi, più assiduamente di
prima, a conversazioni spirituali. Quasi contemporaneamente dava gli
Esercizi spirituali a tre persone, cioè a Peralta, al baccelliere Castro
della Sorbona, e a un biscaglino del collegio di Santa Barbara di nome
Amador. Costoro mutarono vita radicalmente: distribuirono subito tutti i loro
averi ai poveri, compresi i libri, cominciarono a chiedere l'elemosina per le
vie di Parigi, e passarono ad alloggiare nell'ospedale di San Giacomo, dove
prima era stato anche il pellegrino, uscendone per i motivi sopra accennati.
Questo suscitò grande scalpore all'università per il fatto che i primi due
erano persone ragguardevoli e molto note. Subito gli spagnoli cominciarono ad
attaccare i due maestri; e non riuscendo a farli ritornare all'università a
forza di argomenti e di persuasione, un giorno si presentarono in molti, con
le armi alla mano, e li costrinsero a uscire dall'ospedale. [82] In questo periodo aveva
contatti con i maestri Pietro Favre e Francesco Xavier che poi
conquistò al servizio di Dio per mezzo degli Esercizi. Durante quel corso non
subì persecuzioni come in precedenza. A questo proposito, una volta il dottor
Frago gli disse che si meravigliava di come era tranquillo, senza che alcuno
gli procurasse fastidi. Lui rispose: “Il motivo è che ora non parlo con
nessuno delle cose di Dio; ma, finito il corso, riprenderò come prima”. A Venezia riprende la conversazione. [92]
A Venezia in quel periodo si occupò in dare Esercizi e in altre conversazioni
spirituali. Le persone più qualificate a cui li diede furono il maestro
Pietro Contarini, il maestro Gaspare de Doctis, e uno spagnolo chiamato
Roças. Un altro spagnolo, il baccelliere Hoces, che aveva frequenti contatti
con il pellegrino e anche con il vescovo di Chieti, era abbastanza propenso a
fare gli Esercizi, ma continuava a rimandare l'attuazione di questo proposito.
Finalmente si decise a cominciarli. Dopo tre o quattro giorni aprì l'animo
suo al pellegrino e gli manifestò il timore che negli Esercizi lui gli
insegnasse qualche dottrina erronea, come un tale gli aveva insinuato. Perciò
aveva portato con sé alcuni libri ai quali avrebbe fatto ricorso se gli
pareva che lo volesse ingannare. Questa persona trovò negli Esercizi molto
aiuto; infine decise di abbracciare il genere di vita del pellegrino. Fu
anche il primo che morì. Prudenza nella conversazione. [97]
Sul punto di entrare in Roma disse ai compagni che vedeva le finestre chiuse,
volendo intendere che vi avrebbero incontrato molte contrarietà. Disse anche:
“Dovremmo essere molto prudenti ed evitare conversazioni con donne che non
siano di chiara fama”. Per fare un cenno su questo argomento si può
ricordare che, più avanti, il maestro Francesco [Xavier] fu confessore
di una donna e qualche volta le faceva visita per colloqui spirituali.
Costei un giorno fu trovata incinta; ma piacque a Dio che il responsabile
fosse presto identificato. Qualcosa di simile accadde anche a Giovanni
Codure, cioè una sua figlia spirituale fu scoperta tra le braccia di un uomo.
ESERCIZI SPIRITUALIIl
presupposto di ogni dialogo e conversazione. [22] Presupposto. Affinché tanto chi dà gli esercizi come chi li riceve traggano maggior aiuto e vantaggio, bisogna presupporre che ogni buon cristiano dev’essere più pronto a salvare una affermazione del prossimo che a condannarla; e se non può salvarla, cerchi di sapere in che senso l’intenda, e se l’intendesse in modo sbagliato, lo corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché, intendendola rettamente, si salvi. Un
criterio di discernimento: scegliere le parole utili che aiutino se stessi e
gli altri. [40] Non si devono dire parole inutili: si intende, cioè, quelle che non giovano né a sé né ad altri, e neppure sono indirizzate a tale scopo. Non è inutile, invece, parlare di tutto quello che giova, o ha intenzione di giovare, all'anima propria o degli altri, o al corpo o a qualche bene terreno; e neppure parlare di cose in sé estranee al proprio stato, come quando un religioso parla di guerre o di commerci. Ma in tutti questi casi c'è merito se si parla con retta intenzione, e c'è peccato se si parla con cattiva intenzione o inutilmente. La
conversazione spirituale è un evento in cui si manifesta la vita trinitaria. [230] L’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole. [231] L’amore consiste nella comunicazione reciproca, cioè nel dare e comunicare l’amante all’amato quello che ha, o di quello che ha o può, e così a sua volta l’amato all’amante; di maniera che se l’uno ha scienza la dia a chi non l’ha, e così se onori, se ricchezze l’uno all’altro. COSTITUZIONI DELLA COMPAGNIA DI GESÙSi può fare la
conversazione spirituale sempre, anche quando si è malati. [89] Nel tempo
dell'infermità, non solo si deve osservare una purissima obbedienza verso i
superiori spirituali, perché governino l'anima, ma anche, con altrettanta
umiltà, verso i medici del corpo e gl'infermieri, perché governino il corpo.
Infatti, i primi s'adoperano per la salute perfetta dello spirito, e i
secondi per la completa salute del corpo. Così pure, l'infermo deve mostrare
la sua grande umiltà e pazienza, e procurare di edificare nel tempo
dell'infermità quelli che lo visitano e conversano e s'intrattengono con
lui, non meno di quando era perfettamente sano, a maggior gloria di Dio. Una regola pratica non più usata, ma da cui possiamo trarre
almeno due suggerimenti: a) per un maggiore aiuto alle persone in certe
situazioni potrebbe essere [247] Per lo stesso motivo
non devono uscire di casa se non nei tempi e con le persone che al superiore
parrà opportuno. In casa poi non devono parlare tra di loro per propria
scelta, ma con quelli che il superiore indicherà, perché dall'esempio e
dalla conversazione spirituale degli uni siano edificati ed aiutati gli altri
nel Signor nostro, e non il contrario. La conversazione spirituale è aiutata da una “grazia”, un
talento naturale. I gesuiti [624] Ad uomini prudenti, che hanno nelle mani un governo spirituale o temporale, pare più indicato inviare persone eminenti per prudenza e per grazia di conversare, la cui presenza esteriore (senza pregiudizio delle doti interiori) aiuti a conferir loro autorità. Il loro consiglio, infatti, può avere un peso rilevante […] Anzitutto, sarà bene, se è possibile, che non sia uno solo, ma almeno due, perché s’aiutino maggiormente tra loro nelle cose dello spirito e del corpo, e perché possano produrre maggior frutto tra coloro, cui sono inviati, dividendosi l’un l’altro le fatiche in servizio del prossimo. L’arte di trattare e di conversare è un mezzo naturale e umano
da acquisire [814] Una volta stabilito questo fondamento, i mezzi naturali, che dispongono verso il prossimo lo
strumento di Dio nostro Signore, costituiranno universalmente un aiuto per la
conservazione e lo sviluppo di tutto questo corpo, purché l'individuo li
apprenda e li adoperi unicamente per il servizio di Dio, non per riporre in
essi la propria fiducia, ma per
collaborare con la grazia divina,
secondo l'ordine della somma Provvidenza di Dio nostro Signore, che vuol
essere glorificato per mezzo di ciò che egli dona come Creatore, e cioè la
natura, e di ciò che dona come Autore della grazia, e cioè il soprannaturale.
Perciò, si devono procurare diligentemente i mezzi umani o acquisiti,
e specialmente la dottrina fondata e solida, il modo di proporla al popolo
nella predicazione e nelle lezioni sacre, e l'arte di trattare e di conversare con gli uomini. EPISTOLARIOAGNESE PASQUAL
(6 dicembre 1524) - MI Epp I 71-73 Il Signore poi non esige da lei che faccia cose
faticose e nocive alla sua persona, anzi vuole che viva gioiosa in lui, dando
il necessario al corpo. Il suo parlare, pensare e conversare sia in lui.
Orienti a questo fine tutte le cose necessarie al corpo, anteponendo sempre i
comandamenti del Signore. Questo egli vuole e questo ci comanda TERESA REJADELL (18.06.1536)
- MI Epp I
99-107
Vedendo il servitore del Signore tanto buono e umile che, pur compiendo la volontà di Dio, pensa di essere del tutto inutile e considera le sue debolezze e non la sua gloria, gli fa pensare che, se parla, di qualche grazia concessagli da Dio N. S., di opere, propositi e desideri, pecca con altra specie di vanagloria perché parla a suo onore. Procura quindi che non parli dei benefici ricevuti dal suo Signore, impedendo così di produrre frutto in altri e in se stesso, dato che il ricordo dei benefici ricevuti aiuta sempre a cose più grandi. BROËT E SALMERÓN
(settembre 1541) - MI Epp I 179-181 Nel trattare con tutti, ma specialmente con uguali e
inferiori in dignità o autorità, parlare poco prendendo tempo, ascoltare a
lungo e volentieri finché abbiano finito di dire quello che vogliono. Quindi,
rispondere ai diversi punti, finire e andarsene. Se replicassero, risposte
brevi quanto possibile, congedandosi rapidamente e amabilmente. Nelle relazioni con gli altri, per guadagnare
l’affetto di alcuni grandi o che più importano per il maggior servizio di Dio
nostro Signore, considerare anzitutto il loro temperamento naturale per
adattarvici. Così, se uno è collerico e parla con vivacità e piacere,
cercare di assuefarsi al suo modo, parlando di cose buone e sante, senza
mostrarsi grave, flemmatico e malinconico. Invece con quelli che sono per
natura diffidenti, lenti nel parlare gravi e ponderati nelle conversazioni,
adattarsi al loro modo, perché questo piace loro: «Mi son fatto tutto a
tutti» (1Cor 9,22). Bisogna fare attenzione che, se uno è di temperamento
collerico e conversa con un altro collerico, se non vanno in tutto d’accordo,
si corre il gravissimo rischio che la conversazione sfoci in urto. Se uno
quindi sa di essere collerico, deve andare, rispetto a tutti i particolari,
per quanto è possibile, molto armato e disposto a soffrire, senza alterarsi
con l’altro, specialmente se lo sa infermo. Se invece si conversa con un
flemmatico o malinconico, non c’è tanto pericolo di disaccordo per via di
parole precipitate. In tutte le conversazioni, volendo guadagnare
qualcuno per introdurlo nella rete a maggior servizio di Dio nostro Signore,
osserviamo lo stesso ordine che il nemico usa con un’anima buona, lui tutto
per il male, noi tutto per il bene. Il nemico entra dalla porta dell’altro ed
esce dalla propria; entra non contraddicendo le sue abitudini, anzi
lodandole; familiarizza con l’anima, attirandola a buoni e santi pensieri
apportatori di tanta pace per l’anima buona. Quindi a poco a poco procura di
uscire dalla sua, conducendola sub specie boni [sotto parvenza di bene] a
qualche errore o illusione, per sfociare sempre al male. Così noi possiamo
per il bene lodare e consentire su qualche cosa particolare buona,
dissimulando su altre cattive. Cattivandoci l’affetto dell’altro,
miglioreremo le nostre relazioni, e così entrando dalla sua porta usciremo
dalla nostra. Con quelli che sentissimo tentati o tristi,
comportiamoci amichevolmente, parlando a lungo, mostrando molto piacere e
allegrezza, interiormente ed esteriormente, per opporci ai sentimenti che
loro provano, per una maggiore edificazione e consolazione. In tutte le conversazioni, soprattutto quando
mettiamo pace e nelle esortazioni spirituali, stare accorti, perché ogni
parola può o sarà resa pubblica. GIOVANNI III (15 marzo 1545) - MI Epp I 296-298 Così al momento dell’ultima sentenza si trovarono a
Roma tre giudici che mi processarono: uno di Alcalá, un altro di Parigi e il
terzo di Venezia. In tutti questi otto processi, per sola grazia e
misericordia divina, mai mi è stata condannata una sola proposizione, neppure
una sillaba, né io sono stato mai condannato o esiliato. Se V. A. desidera
conoscere la ragione di tanta indignazione e inchiesta sulla mia persona,
sappia che non è per cosa alcuna relativa a scismatici, luterani, illuminati,
con cui non ho mai avuto contatti e che neppure ho mai conosciuto. Il motivo
era invece perché, non avendo fatto io studi, si meravigliavano, specialmente
in Spagna, che parlassi e conversassi a lungo di cose spirituali. FAVRE, LAÍNEZ, SALMERÓN (primavera 1546) - MI Epp I
386-389 Per le relazioni con gli altri. 1. Se le relazioni e le conversazioni con
molte persone, in vista della salute e del profitto spirituale delle anime
permettono con l’aiuto divino molto frutto, al contrario, questo genere di
relazioni, se non siamo vigilanti e favoriti dal Signor nostro, può causare
un serio danno a noi e, a volte, agli altri. Siccome la nostra vocazione non
ci permette di esimerci da queste relazioni con gli altri, più saremo
preavvertiti e guidati da qualche direttiva, più avanzeremo con tranquillità
nel Signore. I punti che seguono, anche se si toglie o sostituisce qualcosa,
potranno aiutare nel Signore. 2. Io nel parlare sarei lento, considerato e pieno
d’amore, specialmente se si devono determinare cose che si trattano o sono
trattabili nel Concilio. 3. Lento nel parlare, sarei assiduo nell’ascoltare e
calmo allo scopo di sentire e conoscere i pensieri, gli affetti e i voleri di
quelli che parlano per poter meglio rispondere o tacere. 4. Trattandosi di questioni del Concilio o di altre,
si espongano le ragioni dei punti di vista opposti, per non dare
l’impressione di essere attaccati al proprio giudizio e cercando di non
lasciare scontento nessuno. 5. Non addurrei, come autorità, nessuna persona,
soprattutto se famosa, eccetto in cose esaminate maturamente, essendo
disponibile per tutti senza appassionarmi per nessuno. 6. Se le questioni dibattute sono così giuste che non
si possa o debba tacere, si darà il proprio parere con tutta la tranquillità
ed umiltà possibile, concludendo così: salvo migliore giudizio. 7. Infine, se si tratta di relazioni e di
conversazioni su materie di dottrina acquisita o infusa, volendone
parlare, gioverà molto non considerare le proprie preferenze o la mancanza di
tempo, cioè il proprio comodo, per adattarsi al comodo e alla situazione
dell’interlocutore e spingerlo alla maggiore gloria divina. Per aiutare le anime 8. Esortare le persone, con cui si ha la possibilità
di parlare, a confessarsi, a comunicarsi, a celebrare frequentemente,
a fare gli Esercizi e altre opere di carità, spingendole pure a pregare per
il Concilio. Per un maggiore aiuto scambievole Prenderemo un’ora, la sera, per mettere in comune
quanto fatto nella giornata e l’obiettivo del giorno seguente. Per le questioni passate o future ci metteremo
d’accordo con voto o in altro modo. Uno per sera preghi tutti gli altri di correggerlo
in tutto ciò che pare loro. Chi fosse così corretto, non replichi a meno
che non gli si chieda di spiegare la causa del difetto di cui è stato
corretto. La sera seguente faccia lo stesso il secondo e così
di seguito. Tutti potranno così aiutarsi ad una maggiore carità e ad
una più grande edificazione dappertutto. GIACOMO LAÍNEZ (21 maggio 1547) - MI Epp I 519-526 In questa nostra Compagnia tale conoscenza pare sia
particolarmente necessaria sia per conversare con gente di diversa
lingua, parlando o scrivendo, sia per soddisfare persone comuni con la
predicazione e con i colloqui. Gli studi di umanità sono più adatti e più utili
per loro. COMUNITÀ DI PADOVA (7 agosto 1547) - MI Epp I 572-577 I poveri sono tanto grandi dinanzi a Dio che
particolarmente per loro fu mandato Gesù Cristo sulla terra: «Per la miseria
degli oppressi e per il pianto dei poveri, ecco che io sorgo, dice il
Signore» [Sal 11,6]; e altrove: «Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri» [Lc
4,18]. Ciò ricorda Gesù Cristo facendo rispondere a s. Giovanni: «I poveri
vengono evangelizzati» [Mt 11,5; Lc 7,22]. Essi sono tanto preferiti ai
ricchi che Gesù Cristo volle eleggere tutto il collegio santissimo degli
apostoli tra i poveri; vivere e conversare con essi e lasciarli capi
della sua Chiesa, costituendoli giudici delle dodici tribù d’Israele [Mt
19,28], cioè di tutti i fedeli, di cui essi, poveri, saranno «assessori» [cf
At 20,28]. Tanto viene esaltato il loro stato. FRANCESCO BORGIA (20 settembre 1548) - MI Epp II
233-237 Primo, rispetto alle ore stabilite per gli esercizi
interiori ed esteriori, sentirei che se ne sopprimano la metà. Quando e
quanto più i nostri pensieri, derivanti da noi o dal nostro avversario, si
soffermano su cose non pertinenti, vane o illecite, tanto più, perché la
volontà non se ne diletti o vi consenta, dobbiamo ordinariamente moltiplicare
gli esercizi interiori ed esteriori secondo i soggetti e la varietà dei
pensieri o delle tentazioni. Al contrario invece quando s’introducono in noi
buoni pensieri e sante ispirazioni, «cui dobbiamo lasciare libero campo
aprendo totalmente le porte della nostra anima». Di conseguenza, non essendo necessarie tante armi per
vincere i nemici, per quanto posso sentire nel Signore per lei, riterrei
meglio che la metà del tempo si convertisse in studio, poiché sarà sempre
necessario o conveniente per l’avvenire non solo quanto è infuso, ma anche
quanto è acquisito; nell’attendere al governo del suo Stato e nelle conversazioni
spirituali, procurando sempre di mantenere la propria anima quieta,
tranquilla e disposta per il tempo in cui nostro Signore vorrà operare in
essa. Senza dubbio è maggiore virtù e maggiore grazia godere del Signore in
diversi uffici e in diversi luoghi che in uno solo. Per arrivarci dobbiamo
collaborare molto con la sua divina bontà. SALMERÓN, JAY, CANISIO (24 settembre 1549) - MI Epp
XII 239-247 Cerchino di attrarre i discepoli a stabilire rapporti
di amicizia spirituale e, se è possibile, alla confessione e a fare
gli Esercizi spirituali, anche interi, se sembrano idonei per la Compagnia.
Agli Esercizi della prima settimana e a qualche modo di orare se ne possono
ammettere di più, anche invitandoli, specialmente quelli da cui si può
sperare maggior bene e la cui amicizia è più desiderabile per Dio. Per la stessa ragione, con persone simili bisogna
avere molti colloqui e familiarità; e sebbene occorrerà a volte inclinare
verso l’umano, condiscendendo alla natura degli uomini, tuttavia, perché
queste conversazioni non siano inutili, bisognerà tornare sempre all’intento
dell’edificazione. ANTONIO BRANDÃO (1 giugno 1551) - MI Epp III 506-513 Dato lo scopo degli studi, gli studenti non possono
fare lunghe meditazioni oltre gli esercizi prescritti per la loro vita
spirituale: messa quotidiana, un’ora di preghiera e di esame di coscienza, la
confessione e la comunione ogni otto giorni. Ma possono esercitarsi a
cercare la presenza di N.S. in tutte le cose, per esempio conversando con
qualcuno, andando e venendo, vedendo, gustando, ascoltando, pensando e in
tutte le nostre azioni, poiché è vero che la sua divina maestà si trova in
tutte le cose per presenza, potenza ed essenza. Questa maniera di meditare,
che consiste nel trovare Dio N.S. in tutte le cose, è più facile che elevarsi
alle cose divine più astratte, dovendo faticare per rendercisi presenti.
Questo eccellente esercizio ci disporrà a grandi visite del Signore, anche in
una breve orazione. GIOVANNI PELLETIER (13 giugno 1551) - MI Epp III
542-550 Con la loro conversazione spirituale tutti
possono aiutare quelli con cui trattano, soprattutto se trovano disposizioni
che fanno sperare frutto. Gli Esercizi della prima settimana si possono dare
a molti, ma gli altri che seguono solo a persone idonee allo stato di
perfezione e disponibili a sforzarsi veramente. Bisognerà anche cercare di rendersi benevoli le altre
persone di maggior importanza presso il viceré, con conversazioni
spirituali, e sarebbe molto conveniente e grato a Dio, della cui causa si
tratta, aiutare tali persone con cura particolare. RETTORE DEL COLLEGIO DI COIMBRA (26 febbraio 1554) -
MI Epp VI 378 È qui acclusa una lettera del nostro carissimo
fratello M. Simone. Egli si rimprovera severamente molte cose, ma voglio che
sappiate che qui pensiamo che la sua intenzione era buona. Quando sbagliò in
qualcosa e mentre era in carica e dopo, fu senza malizia, anzi era persuaso
di far bene. Della sua conversazione e compagnia provo ogni giorno sempre
più gioia. Intanto, poiché i provinciali sono nominati per tre anni e lui
stesso desiderava essere esonerato dalla carica, e poiché il rigore della
perfezione che esige la Compagnia e il suo governo ci faceva apparire
conveniente il cambio del provinciale di Portogallo, l’abbiamo richiamato
qui, dove non gli mancheranno occasioni di dedicarsi al servizio di Dio N.S. SIMONE RODRIGUES (12 ottobre 1555) - MI Epp IX 707-708 Dovunque lei si trovi, vorrei che si ricordasse di
aiutare le anime, che costarono sì care a Cristo N.S., secondo la nostra
professione, non fosse altro che con conversazioni ed esortazioni
personali, almeno tanto quanto potrà fare senza eccessiva fatica. EVERARDO MERCURIANO (giugno 1552) - MI Epp XII
309-311 Due fini la Compagnia si prefigge nei suoi collegi.
Primo: che la terra o provincia dove si erige il collegio venga aiutata nelle
lettere e nelle cose spirituali con l’esempio, la dottrina e ogni iniziativa
dei collegiali. Secondo: che gli studenti della Compagnia si rendano idonei
nelle lettere per divenire operai nella vigna di Dio N.S., la qual cosa anche
ridonda in utilità del luogo stesso, perché oltre a dare buona edificazione
con la loro vita e con il conversare onesto, dopo, quando diventeranno
letterati, potranno giovare al bene comune insegnando, predicando, ascoltando
confessioni e con altre opere di carità. Nei collegi infatti si ha come un
seminario, da cui nascono continuamente simili frutti. PADRI IN MISSIONE APOSTOLICA (8 ottobre 1552) - MI Epp
XII 251-253 Sui mezzi da usare, oltre l’esempio e la preghiera di
desiderio, vedere se si devono adoperare le confessioni, gli esercizi e le spirituali
conversazioni, insegnare la dottrina cristiana, fare lezioni sacre,
predicare, ecc. Se non si possono usare tutte queste armi, scegliere quelle
che sembrano più efficaci e che si sa aiutano meglio. ANTONIO ENRIQUEZ (26 marzo 1554) - MI Epp VI 522-525 Ma non voglio più dilungarmi su questo, perché spero
in Dio N.S. che lei non sarà del numero di costoro. Tuttavia, la miseria
dell’uomo vecchio è tanta che, se non si aiuta l’uomo nuovo e rinnovato con
la grazia di Cristo N.S. con i mezzi convenienti, facilmente egli si
abbandona ad ogni imperfezione. Per questo, essendo veramente suo servitore,
non posso tralasciare di ricordarle la frequenza dei santi sacramenti, la
lettura di libri pii, l’orazione con il maggior raccoglimento possibile; prenda
per sé ogni giorno un certo tempo affinché non manchi all’anima la sua
refezione e lei non si lamenti come colui che diceva: «Il mio cuore
inaridisce, perché mi son dimenticato di mangiare il mio pane» [Sal 101,5].
Le sarà pure di molto aiuto conversare con persone buone e spirituali,
continuare e incrementare la buona attitudine di fare elemosine, che è un
mezzo universale per ottenere ogni bene da chi è fonte perenne e da cui tutto
deve emanare. BARTOLOMEO HERNÁNDEZ (21 luglio 1554) - MI Epp VII 268-270 È cosa ottima, dato che la conversazione
spirituale non si può estendere a tutti, averla particolarmente con gli
studenti dell’università, perché non solo si avrà frutto in essi, ma anche in
molti altri tramite loro, essendo tali persone idonee a comunicare ad altri
quanto ricevuto, a gloria di Dio. G. NUÑES BARRETO E COMPAGNI (aprile 1555) - MI Epp
VIII 680-690 Il patriarca in persona, con interprete o per mezzo
di altri, potrebbe cominciare a conversare ed esortare la gente,
secondo la loro capacità; lo stesso i vescovi e gli altri. Mediante le opere di misericordia spirituale, la
gente di quelle regioni veda pure la sollecitudine ad aiutare e consolare le
anime, insegnando, per esempio, lettere e virtù e tutto gratuitamente e per
amor di Cristo. Si lodino tali opere nei sermoni e nelle GIOVANNI DE MENDOZA (14 ottobre 1554) - MI Epp VII
654-655 Da molti giorni sono stato informato dei doni che Dio
N.S. fa alla sua anima e dei desideri che le dà di servirlo generosamente,
nonostante che la nobiltà e le cariche altamente qualificate siano di solito
di ostacolo a molti. Provo, di fronte alla maestà divina, uno speciale
affetto per il suo servizio e sono desideroso di conoscerla e di conversare
con lei di presenza o per lettera. Non l’ho fatto prima, ma ora la carità
stessa me ne offre l’occasione. GIROLAMO DOMÉNECH (10 febbraio 1555) - MI Epp VIII
386-390 Le condizioni richieste nel compagno di chi deve
recarsi a La Goletta sono queste: PONZIO COGORDAN (12 febbraio 1555) - MI Epp VIII
395-398 Cominci ad acquistare credito sia nelle conversazioni
spirituali con gentiluomini e altre persone sia visitando gli ospedali o
qualche opera pia, se ce n’è. Intanto tratti con loro [religiose] mediante prediche
o esortazioni pubbliche e conversazioni spirituali private, e cerchi
di conoscere quali siano le più raccolte e di buona vita, procurando di
guadagnare al Signore alcune di esse, specialmente la badessa e qualcuna
delle più in vista. LUIGI GONÇALVES DA CÂMARA (prima del 15 gennaio 1556)
- MI Epp X 505-511 Con la Regina,
con gli infanti, con gli altri signori e persone di autorità, si osserverà
proporzionatamente quanto si è detto del Re, procurando di aiutarli
personalmente e, mediante loro, di aiutare la Compagnia e promuovere il bene
comune. E quando si sarà acquistato credito presso tali persone che, aiutate
spiritualmente, possono far ridondare tanto bene su molti altri, sembra non
si debba tralasciare l’uso di questo talento, anche se da qui non se ne possa
determinare il modo. Bisogna, sembra, cominciare con la conversazione.
Dio N.S. insegnerà con chi e in che modo passare oltre, aumentando con la sua
grazia la luce del discernimento. Al popolo saranno generalmente utili, oltre le
preghiere, le messe e l’esempio della vita, la conversazione e
l’amministrazione dei sacramenti, specialmente la confessione; ad alcuni poi
gli Esercizi spirituali, ma a
quelli, ci sembra, il cui profitto
spirituale si può estendere a molti altri: tali sono persone importanti o
autorità pubbliche o altri che sarebbero idonei come operai evangelici, ecc.
Si deve più volentieri spendere un certo tempo con questi ovvero ottenere che
altri giungano allo stesso risultato. In tutto il corpo della Compagnia che vive nei
possedimenti portoghesi si deve procurare l’unione e la conformità dei membri
tra di loro e degli stessi, specialmente quelli che hanno maggiore
responsabilità, con il loro capo, il generale, nei cui riguardi bisogna
procurare di avere il concetto, l’amore e il rispetto convenienti. Per tutto
questo saranno utili le conversazioni e altri mezzi che lei saprà
meglio usare che io scriverne. Là dove starà, sarà bene che conversi
familiarmente con gli inferiori, procurando di conoscerli tutti,
specialmente quelli che tra loro sono di maggiori qualità o talenti ovvero da
cui si attende di più. Avrà così occasione di aiutare molti nelle loro pene
spirituali o necessità fisiche, che all’una e all’altra cosa dovrà mirare.
Potrà anche sapere da loro molte cose che siano utili ai superiori e al bene
comune. Attenderà specialmente ad essere come un angelo di pace e di unione
tra i singoli e i loro immediati superiori, tra i rettori o superiori locali
e il provinciale, come pure tra il provinciale e il commissario. Chieda a qualcuno dei suoi compagni o di quelli che conversano
e trattano più con lei, di avvertirla se notano qualcosa nella sua
persona o nel modo di procedere che meriti un rilievo. Accetti intanto
l’avvertimento in modo che chi l’ha fatto mantenga la volontà di dargliene un
altro, quando ce ne fosse bisogno. PRIMI PADRI DELLA COMPAGNIA DI GESùGIOVANNI ALFONSO POLANCO, «Summarium
hispanium de origine et progressu Societatis Iesu», in MI, FN I, MHSI,
Roma 1943, n. 55, p. 184. 55. Ahora estos compañeros determinados como es dicho, estando ahí Iñigo
se establecieron en su propósito y conservaron en este modo. Primeriamente
todos ellos hicieron voto en Sta. Maria de Monte Mrtyrum de dedicarse al
servicio del Señor en perpetua pobreza. Y cada año, el día de Sta. María de
Agosto, confirmaban este su voto, yendo allá todos juntos, después de se
haber confesado y comunicado. El 2° medio era de la conversación de unos
con otros, juntándose no sólo el día della confrimación, per entre año,
aunque ellos vivian en diversas partes, ahora en casa de uno, ahora de otro,
comiendo juntos en caridad y tratándose; donde nacía mucho amore de unos para
otros, y ayudándose y escalentándose unos a otros en lo temporal, ultra de lo
spiritual de virtudes y letras, porque quién dellos abundaba en lo uno, quién
en lo otro. El 3° medio era el frecuetnar los Santos Sacramentos de
confesión y comunión. El 4° de la oración a que se daban, y del mismo
estudio, que era de cosas sacras, en el cual todos se aprovecharon no poco,
con la divina ayuda, enderezándolos todos a gloria de Dios y ayuda de los
prójimos. MAGISTEROEVANGELII GAUDIUM, «Da persona a persona» 127. Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento
missionario, c’è una forma di predicazione che compete a tutti noi come
impegno quotidiano. Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui
ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. È la
predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione
ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa. Essere
discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri
l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella
via, nella piazza, al lavoro, in una strada. 129. Non si deve pensare che l’annuncio evangelico sia da
trasmettere sempre con determinate formule stabilite, o con parole precise
che esprimano un contenuto assolutamente invariabile. Si trasmette in forme
così diverse che sarebbe impossibile descriverle o catalogarle, e nelle
quali il Popolo di Dio, con i suoi innumerevoli gesti e segni, è soggetto
collettivo. Di conseguenza, se il Vangelo si è incarnato in una
cultura, non si comunica più solamente attraverso l’annuncio da persona a
persona. Questo deve farci pensare che, in quei Paesi dove il
cristianesimo è minoranza, oltre ad incoraggiare ciascun battezzato ad
annunciare il Vangelo, le Chiese particolari devono promuovere attivamente
forme, almeno iniziali, di inculturazione. Ciò a cui si deve tendere, in
definitiva, è che la predicazione del Vangelo, espressa con categorie
proprie della cultura in cui è annunciato, provochi una nuova sintesi con
tale cultura. Benché questi processi siano sempre lenti, a volte la paura
ci paralizza troppo. Se consentiamo ai dubbi e ai timori di soffocare
qualsiasi audacia, può accadere che, al posto di essere creativi,
semplicemente noi restiamo comodi senza provocare alcun avanzamento e, in tal
caso, non saremo partecipi di processi storici con la nostra cooperazione, ma
semplicemente spettatori di una sterile stagnazione della Chiesa. BIBLIOGRAFIAG.
ARANA, «La conversazione spirituale,
strumento apostolico privilegiato della Compagnia», in Centro
Ignaziano di Spiritualità (C.I.S.), «L’arte di trattare e
conversare con le persone», Aloisiana libri 2008, pp. 7-34 (= «Appunti di
spiritualità», 61). Traduzione di: «La conversación
espiritual. Instrumento apostolico privilegiado de la Compania», CIS 36
(2005) 23-48. G. ARANA, «El diálogo con Dios
en los Ejercicios espirituales», in «Manresa» 68 (1996) A. SAMPAIO COSTA, «La conversazione spirituale
negli Esercizi di sant’Ignazio», in Centro
Ignaziano di Spiritualità (C.I.S.), «L’arte di trattare e
conversare con le persone», Aloisiana libri 2008, pp. 35-68 (= «Appunti di
spiritualità», 61). T. CLANCY, «The conversational word
of God: a commentary on the doctrine of St. Ignatius of Loyola concerning
spiritual conversation, with four early Jesuit texts», St. Louis 1978. J. DIAZ BAIZAN, El que da los
ejercicios a otro: experiencia y actitudes según las anotaciones», in
«Manresa» 61 (1989) 303-333. L.F. GRANADOS OSPINA, Diálogo
pedagógico y acompañamiento espiritual en los Directories de ejercicios
ignacianos, in «Apuntes Ignacianos» 14 (2004) 55-102. L.M. GARCÍA DOMÍNGUEZ, «La entrevista en los Ejercicios espirituales»,
Mensajero-Sal Terrae 2010 ( = Manresa, 19). P. JACOB, «God’s Pardon Unfolds a
Future of Hope. Structure and Interpretation of a Colloquy of the Spiritual
Exercises (n.53), in «Ignis» 10 (1981/5) 4-11. G. REMMERT, «Diálogo de misericórdia.
Para una cristologia de los cinco ejercicios de la Primera Semana de los
Ejercicios», in «Manresa» 48 (1976) 291-307; 49 (1977) 39-53. G. REMMERT, «El diálogo como marco de
los Ejrcicios», in «Manresa» 48 (1976) 219-230. S.
RENDINA, «La conversazione spirituale
nella tradizione dei gesuiti: ieri e oggi. “Tratar y conversar con las gentes”», in «Rassegna di Teologia» 43 (2002) 701-721. D. RESTREPO LONDONO, «Dialogo:
comunión en el espiritu. La “conversación espiritual” según San Ignacio de
Loyola (1521-1556), Circ, Bogotá 1975. A. TEJERINA, «La entrevista», in
«Manresa» 61 (1989) 337-342. A. TEJERINA, «El diálogo en los
Ejercicios de San Ignacio. La entrevista (II)», in «Manresa» 72 (2000) 277-292. ESPERIENZEESDAC, Conversazione spirituale (istruzione). |
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