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Gli strumenti della spiritualità di comunione |
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La comunione delle
esperienze |
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Chiara Lubich, presentando gli strumenti della spiritualità di comunione, ha riportato un brano di una lettera di s. Ignazio
a proposito della «comunione delle esperienze della Parola di vita» (Santità
di popolo, Città Nuova, Roma 2001, pp. 29-30). Incoraggiato
da questa citazione ho cercato nel carisma ignaziano gli altri strumenti: il
patto di amore reciproco, la comunione d’anima, l’ora della verità e il
colloquio. IL PATTO
DI AMORE RECIPROCO
Il
voto di Montmartre
Il
primo patto Parigi, 15 agosto 1534 Ignazio di Loyola, Gli scritti, ed. M. Gioia, UTET, Torino 1977, p. 705 MI FN I, n. 85, p. 480 85. (…) Et già a questo tempo erano tutti deliberati di quello che havevano da fare, cioè: di andare a Venetia et a Hierusalem et spender la vita sua in utile delle anime; et se non gli fosse data licentia di restare in Hierusalem, ritornarsene a Roma et presentarsi al vicario di Cristo, acciò gli adoperasse dove giudicasse esser' più a gloria di Dio et utile delle anime. Havevano anchora proposto di aspettare un'anno la imbarcatione in Venetia; et non essendo quell'anno imbarcatione per Levante, che fossero liberati dal voto di Hierusalem et andassero al papa etc. Alla fine il pelegrino si lasciò persuadere dalli compagni, perché anchora quelli che erano spagnuoli haueuano a far alcuni negotii, li quali lui poteva expedire. Et lo accordo fu che, dapoi che lui si trovasse bene, andasse a far' li negotii loro, et poi passasse a Vinetia, et là aspettasse li compagni[1]. Pietro Favre, Memorie
spirituali, ed. G. Mellinato, PIEMME, Casal Monferrato 1990, pp. 17-18.19.22- 8. Quell’anno venne Ignazio ad alloggiare nello stesso Collegio di Santa Barbara e nella medesima nostra stanza, poiché voleva seguire il corso di arti, a incominciare dal seguente San Remigio. Ed era lo stesso maestro di cui ho detto sopra a prendesi carico di lui. Benedetta in eterno la provvidenza divina, che ordinò le cose in tal modo per mio bene e salvezza. Avendo infatti disposto Dio che fossi io ad insegnare a quel sant’uomo, mi riuscì prima di entrare nelle sue confidenze su questioni esteriori e poi su quelle interiori. Vivevamo sempre insieme, ripartendo la camera, la mensa, la borsa; e poi egli mi era insegnante di vita spirituale, dandomi possibilità di ascendere alla conoscenza della volontà divina e della mia propria. Così fu che divenimmo una cosa sola nei desideri, nella volontà e nel fermo proposito di scegliere la vita che ora teniamo tutti noi, i quali facciamo o faremo parte di questa Compagnia, di cui io non sono degno. 10. (…) Così in tale familiarità passammo insieme quasi quattr’anni, e mantenevamo lo stesso atteggiamento d’animo pure con gli altri. Giacomo Laynez, Epistola Patris Laynez de p. Ignatii, MI, FN I, MHSI, Roma
1943, n. 30, pp. 102-104 30. (…) E lì ci confermammo, parte nell’orazione e
confessione e comunione frequente; parte con gli studi, che erano di cose
sacre; parte con l’aver fatto voto di dedicarsi al servizio del Signore, in
povertà, cominciando dal tempo detto; e questo voto rinnovando e confermando
ciascuno una volta il giorno di nostra Signore di Agosto in santa Maria de
Monte Martyrum, dove prima lo facemmo, dopo la confessione e comunione; e
così dopo lo confermavamo, fermandoci dopo lì per mangiare in carità. Ciò che
anche continuavamo durante l’anno; perché di tanto in tanto andavamo con le
nostre porzioni a mangiare a casa di uno, e dopo a casa di un altro. Cosa
che, insieme col visitarci spesso e riscaldarci, credo che aiutasse molto a
mantenerci. In questo tempo il Signore specialmente ci aiuto pure negli
studi, nei quali facemmo un profitto medio, indirizzandoli sempre a gloria
del Signore e a utilità del prossimo, come pure nell’avere un amore speciale
gli uni verso gli altri, e aiutandoci come potevamo anche nelle cose
materiali[3]. Giovanni Alfonso Polanco, Summarium hispanium de origine et progressu Societatis Iesu, in MI, FN I, MHSI, Roma 1943, nn. 55.65,
pp. 184.190 55. Ahora estos compañeros determinados como es dicho, estando ahí Iñigo
se establecieron en su propósito y conservaron en este modo. Primeriamente
todos ellos hicieron voto en Sta. Maria de Monte Mrtyrum de dedicarse al servicio
del Señor en perpetua pobreza. Y cada año, el día de Sta. María de Agosto,
confirmaban este su voto, yendo allá todos juntos, después de se haber
confesado y comunicado. El 2° medio era de la conversación de unos con otros,
juntándose no sólo el día della confrimación, per entre año, aunque ellos
vivian en diversas partes, ahora en casa de uno, ahora de otro, comiendo
juntos en caridad y tratándose; donde nacía mucho amore de unos para otros, y
ayudándose y escalentándose unos a otros en lo temporal, ultra de lo
spiritual de virtudes y letras, porque quién dellos abundaba en lo uno, quién
en lo otro. El 3° medio era el frecuetnar los Santos Sacramentos de confesión
y comunión. El 4° de la oración a que se daban, y del mismo estudio, que era
de cosas sacras, en el cual todos se aprovecharon no poco, con la divina
ayuda, enderezándolos todos a gloria de Dios y ayuda de los prójimos. 65. (...) porque algunos años antes de ejecutar su intención, hicieron
voto de andar, si pudiesen, a los pies del Papa, Vicario de Cristo, y
demandarle licencia para ir a Hieruslame, y quedar allá si hubiese
oportunidad, aprovechándose a sí mismo y, si Dios fuese servido, tambin a los
otros, fieles y infieles; y si no hubiese oportunidad de ir a Hierusalem
dentro de un año, o yendo, de quedar allá, explicaron en su voto que no era
su intención obligarse más a la ida de Hierusalem, sino tornar al Papa y
hacer su obediencia, yendo donde los mandase, no teniendo intención de hacer
congregación, sino de dedicarse en pobreza al divino servicio y de los
prójimos, pensando para esto no podían ser mejor enderezados por ninguno
mejor que por el Vicario de Jesucristo. Deliberazione
dei primi padri
La decisione di “stringersi in un solo
corpo” Roma 1539 Ignazio di Loyola, Gli scritti, ed. M. Gioia, UTET, Torino 1977, pp.
206-212 MI, Const. I, MHSI, Roma 1934, pp. 1-7 [3] Alla prima riunione notturna fu presa in
esame la questione: dopo aver offerto e consacrato noi stessi e la nostra
vita a Cristo nostro Signore e al suo vero e legittimo Vicario in terra
perché egli disponga di noi e ci mandi là dove giudica che noi possiamo
portare frutto (...), è più utile che siamo tra noi così strettamente uniti
in un solo corpo che nessuna separazione e distanza, per quanto grande, ci
possa dividere? O forse questo non è così utile? Perché sia più chiaro con un caso concreto,
ecco: adesso il Sommo Pontefice manda due di noi al popolo di Siena; dobbiamo
noi prenderci cura di quelli che andranno là, e loro di noi, e mantenerci in
contatto reciproco? O dobbiamo non occuparci di loro più che degli altri che
non appartengono alla nostra Compagnia? Alla fine decidemmo per la prima alternativa
e cioè: dal momento che il Signore nella sua generosa bontà ha voluto adunare
e unire insieme noi, così deboli e provenienti da regioni e civiltà tanto
diverse, non dobbiamo spezzare questa unione e comunità voluta da Dio;
dobbiamo anzi mantenerla salda e rafforzarla, stringendoci in un solo corpo,
attenti e premurosi gli uni verso gli altri, in vista del bene maggiore delle
anime. Il valore di molti uniti insieme ha certo più vigore e consistenza,
per ottenere qualunque arduo risultato, che non se si disperde in più
direzioni. In tutto ciò che abbiamo detto e diremo su
questi problemi intendiamo attenerci a questo criterio: nessuna cosa vogliamo
sostenere di nostra testa o esclusivamente a nostro sentire, ma solo quel
progetto che il Signore ispiri e [4] Risolta con chiarezza la prima
questione, si passò a un'altra più difficile, che esigeva più accurata
riflessione e più illuminata lungimiranza: questa. Noi tutti avevamo già
emesso il voto di castità perpetua e il voto di povertà nelle mani del Rev.mo
Legato, quando eravamo a Venezia. Ora, sarebbe stato bene emettere il terzo
voto, di obbedienza a uno di noi, per poter più sinceramente, con maggiore
gloria di Dio e con più merito, compiere in tutto la volontà del Signore
nostro Dio e anche tutto quello che, liberamente, voglia e ci comandi Sua Santità,
al quale già abbiamo offerto di tutto cuore noi stessi e ogni nostra volontà,
intelligenza e capacità? (…) [8] Per molti giorni dibattemmo moltissimi
aspetti del problema in un senso e nell'altro per giungere a una soluzione,
sempre analizzando e ponderando le motivazioni più importanti e stringenti e
dedicandoci, come di consueto, all'orazione, alla meditazione, alla
riflessione. Infine, con l'aiuto del Signore, giungemmo a questa conclusione
espressa a giudizio e voce unanime, e proprio senza alcun dissenso: per noi è
più opportuno, anzi è necessario prestare obbedienza a uno di noi per attuare
meglio la nostra aspirazione originaria di compiere in tutto la volontà di
Dio; per conservare più sicuramente la nostra Compagnia; infine per
provvedere convenientemente, nei casi particolari, alle attività spirituali e
agli affari temporali. [9] Su questo problema e su altri, seguendo
sempre per ogni questione lo stesso modo di procedere attraverso separato
esame di una proposta e della contraria, ci trattenemmo quasi tre mesi, da
metà quaresima alla festa di S. Giovanni Battista. In quel giorno (ma prima
di definire e di decidere avevamo messo come base austere veglie e preghiere
e fatiche mentali e fisiche) ogni questione fu conclusa e definita, con
benevolenza reciproca e unanime cordiale consenso[4]. Oblazione
della Compagnia
Il nuovo patto Roma
(San Paolo fuori le Mura, altare della Vergine), 22 aprile 1541
Ignazio di Loyola, Gli scritti, ed. M. Gioia, UTET, Torino 1977, pp.
258-261 MI FN I, pp.
15-22 9. Il venerdì dell’ottava di Pasqua, 22
aprile, giunti in san Paolo, si riconciliarono tutti e sei gli uni con gli
altri, e fu stabilito fra tutti che Ignazio celebrasse la messa e che tutti
gli altri ricevessero il santissimo Sacramento dalle sue mani, pronunciando i
loro nomi nel modo seguente. 10. Ignazio, durante la messa, al momento
della comunione, tenendo con una mano il Corpo di Cristo nostro Signore sopra
la patena e con l’altra mano un foglio contenente la formula del suo voto,
rivolto verso i suoi compagni posti in ginocchio, dice ad alta voce le parole
seguenti: «Io, Ignazio di Loyola, prometto a Dio onnipotente ed al Sommo
Pontefice, suo Vicario in terra, al cospetto della Vergine sua Madre e di
tutta la corte celeste, ed in presenza della Compagnia, perpetua povertà,
castità e obbedienza, secondo la forma di vita contenuta nella Bolla della
Compagnia del Signor nostro Gesù, e dichiarata o da dichiararsi nelle
Costituzioni. Prometto inoltre una speciale obbedienza al Sommo Pontefice
riguardo alle missioni contenute nella Bolla. Prometto ancora di impegnarmi
perché i fanciulli siano istruiti negli elementi della fede, conformemente
alla stessa Bolla e alle Costituzioni». Detto questo si comunica prendendo il
Corpo di Cristo nostro Signore. 11. Dopo essersi comunicato, prese cinque
ostie consacrate nella patena e rivolto ai compagni, fatta essi la
confessione generale e detto; «Domine, non sum dignus…», ecc., uno di loro
prende in mano il foglio nel quale è stata scritta la formula del suo voto e
dice ad alta voce le seguenti parole: «Io, Giovanni Coduri, prometto a Dio
onnipotente e a te reverendo Padre che rappresenti Dio, al cospetto della
Vergine sua Madre e di tutta la corte celeste, ed in presenza della
Compagnia, perpetua povertà, castità e obbedienza, secondo la forma di vita
contenuta nella Bolla della Compagnia del Signor nostro Gesù, e dichiarata o
da dichiararsi nelle Costituzioni. Prometto inoltre una speciale obbedienza
al Sommo Pontefice intorno alle missioni contenute nella Bolla. Prometto
ancora di obbedire riguardo all’istruzione dei fanciulli negli elementi della
fede, in conformità alla stessa Bolla e alle Costituzioni». Pronunciate
queste parole, riceve il Corpo di Cristo nostro Signore. Poi, per ordine, fa
lo stesso il secondo, e così il terzo, il quarto, il quinto. 12. Finita la messa e fatta orazione agli
altari privilegiati, si riunirono presso l’altare maggiore, dove ognuno dei
cinque si accostò ad Ignazio. Ed avendo Ignazio abbracciato ciascuno di essi
e dato loro il bacio di pace, non senza molta devozione, affetto e lacrime,
posero fine alla loro professione e iniziata vocazione. Poi sugli intervenuti
si fece una costante, crescente e grande tranquillità e lode di Gesù Cristo
nostro Signore[5]. Esercizi
spirituali, n. 22
Presupposto. Affinché così colui che dà gli esercizi spirituali, come colui che li riceve, più si aiutino e si avvantaggino, si deve presupporre che ogni buon cristiano deve essere più pronto a salvare la proposizione del prossimo che a condannarla; e se non la può salvare, indagherà in che modo la intende; e, se male la intende, lo corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti affinché, ben intendendola, si salvi[6]. Costituzioni
della Compagnia di Gesù
Proemio nn. 134-135
Il comandamento nuovo e
l’unità del corpo come “norma delle norme” Benché debba essere la somma Sapienza a
Bontà di Dio, nostro Creatore e Signore, a conservare, guidare, e condurre
innanzi nel suo santo servizio questa minima Compagnia di Gesù, come si è
degnata di darle inizio, e da parte nostra debba giovare a ciò più di ogni
altra Costituzione esterna l'intima legge della carità e dell'amore, che lo
Spirito Santo scrive ed imprime nei cuori; tuttavia, perché l'amabile
disposizione della divina Provvidenza sollecita la cooperazione delle sue
creature, e perché tale è l'ordine del Vicario di Cristo, e gli esempi dei
santi e la stessa ragione così c'insegnano nel Signor nostro, stimiamo
necessario scrivere Costituzioni, che aiutino ad avanzare meglio, conforme al
nostro Istituto, nella via intrapresa del servizio di Dio. E benché ciò che
nel nostro disegno occupa il primo posto e ha maggior peso sia quel che
riguarda il corpo intero della Compagnia, di cui si cerca soprattutto
l'unione, il buon governo e il mantenimento in buono stato, a maggior gloria
di Dio; tuttavia, poiché questo corpo è formato di membri, e nell'esecuzione
viene anzitutto quel che spetta agli individui, sia quanto all'ammetterli,
come quanto a farli progredire e ripartirli nella vigna del Cristo nostro
Signore, di qui si comincerà con l'aiuto che n. 655
Quanto più è difficile l'unione dei membri di
questa congregazione con il proprio capo e tra loro, per essere così sparsi
nelle diverse parti del mondo tra fedeli e infedeli, tanto più si deve
ricercare ciò che giova a tal fine. Infatti, n. 671
L’unità frutto dell’amore
reciproco Il principale vincolo reciproco per l'unione
delle membra tra loro e con il loro capo è l'amore di Dio nostro Signore.
Infatti, se superiore e inferiori staranno molto uniti con la sua divina e
somma Bontà, lo staranno con tutta facilità anche tra loro, in virtù
dell'unico amore, che da essa discenderà e si estenderà a tutto il prossimo,
specialmente al corpo della Compagnia. Sicché la carità, e in genere ogni
bontà e virtù, che faranno avanzare lungo le vie dello Spirito, gioveranno
all'unione scambievole. Ignazio di
Loyola, Epistolario
Alla Comunità di Coimbra (Roma, 7.05.1547), MI Epp I, pp. 495-510 Aumentare la carità fraterna
per collaborare all’opera di Dio: “che tutti siano uno” Non vorrei che con tutto quanto ho scritto
pensaste che io non approvi alcune vostre mortificazioni, di cui sono stato
informato. So bene che i santi hanno usato per il loro progresso spirituale
queste e altre sante follie; che esse sono utili per vincersi e avere più
grazia, soprattutto agli inizi. Tuttavia per coloro che hanno già maggior
dominio dell’amor proprio stimo meglio, come ho scritto, di attenersi alla
misura della discrezione, senza sottrarsi all’ubbidienza, virtù che vi
raccomando con molta insistenza assieme a quell’altra che le compendia tutte,
tanto raccomandata da Gesù Cristo, che la chiama il suo comandamento: «Il mio
comandamento è che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv
15,12). Bisogna non solo che manteniate l’unione e l’amore continuo tra voi,
ma anche che li estendiate a tutti, procurando di accendere nelle anime
vostre vivi desideri della salute del prossimo e pensando che ciascuno vale
il prezzo del sangue e della vita che costò a Gesù Cristo. Così, da una parte
studiando le lettere e dall’altra aumentando la carità fraterna, vi renderete
perfetti strumenti della grazia divina e collaboratori nell’opera sublime di
riportare a Dio, fine supremo, le sue creature. Alla Comunità di Coimbra (Roma, 15.01.1548), MI Epp , pp. 867-693 Che tutti formino una cosa
sola in Gesù Voi sarete di quelli, di cui dice il saggio
nei Proverbi: “La strada dei giusti è come la luce dell’alba che aumenta
splendore sino al meriggio” (Pr 4,18). E così io prego che l’autore di questo
giorno perfetto, il sole di sapienza e di giustizia, per la sua misericordia
porti a compimento l’opera che ha cominciato in voi fino a farvi trovare e sapere
dove fa pascolare, dove fa riposare al meriggio (Ct 1,7), trovando in voi
tutta la sua gloria e manifestando la ricchezza della sua mano onnipotente e
la magnificenza infinita dei suoi doni spirituali nelle anime vostre e, per
mezzo vostro, in quelle di molti altri. E a voi, fratelli carissimi in Gesù
Cristo Dio e S. N., per lui stesso chiedo che vi rendiate degni della sua
visita e dei suoi tesori spirituali con la purità di cuore, con l’umiltà
vera, con uno stesso sentire e volere da parte di tutti, con la pace
esteriore e interiore che accoglie e fa regnare nell’anima colui che si
chiama il “principe della pace” (Is 6,9). In breve, che tutti formino una
sola cosa nel S. N. Gesù Cristo.
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[1] 85. (…) A quel tempo avevano già deciso, tutti
insieme, quello che volevano fare: sarebbero andati a Venezia, poi a
Gerusalemme, e avrebbero speso la loro vita per il bene delle anime. Se non
ottenevano il permesso di stabilirsi a Gerusalemme, tornati a Roma si sarebbero
presentati al Vicario di Cristo perché si servisse di loro dove giudicava che
lo richiedesse la maggiore gloria di Dio e il bene delle anime. Avevano anche stabilito di attendere
l'imbarco per un anno a Venezia; se entro quell'anno non fossero riusciti a
imbarcarsi per il Levante, si sarebbero considerati sciolti dal voto di andare
a Gerusalemme, sarebbero andati dal Papa, eccetera.
[2] 8. Hoc anno venit Ignatius, ut esset in eodem
collegio Stae. Barbarae, et in eodem cubiculo nobiscum, volens ingredi cursum
artium in Sto. Remigio seguenti. Erat autem supradictus magisteri d oneris
suscepturus. Benedicta sit in aeternum divina providentia, quae sic ordinavit
in meum bonum, et salutem. Cum enim ab illo fuisset sic ordinatum ut ego
docerem praedictum sanctum virum, consecutus sum eius esteriore conversationem,
deinde vero interiorem; qui cum simul viveremus in eodemque cubicolo, eadem
mensa, eadem borsa, essetque ipse mihi in spiritualibus praeceptor, dans modum
ascendendi in cognitionem divinae voluntatis, et propriae, tandem facti sumus
unum in desideriis, et voluntate, firmoque proposito erigendi hanc vitam, quam
nunc habemus, quicumque sumus, aut unquam fuerint de hac Societate, qua non sum
dignus.
10. (…) Sic nobis transierunt quatuor anni in
tali conversatione, et animo eodem conversantes etiam cum aliis.
15. Hoc eodem anno, die Stae. Mariae in Augusto,
omnes qui tunc in eadem eramus determinatione et esercitati (praeter magistrum
Franciscum, qui cum esset in eadem determinatione nondum acceperat exercitia),
eo die, inquam, ivimus omnes ad Sanctam Mariam, quae Mons Martyrum dicitur,
prope Lutetiam, ut ibi quisque votum faceret eundi Hierusalem tempore statuto,
et post reditum inde ponendi se sub obedientia pontificis romani, incipiendique
die assiganto delinquere parentes, et retia, praeter viaticum. Eramus autem,
qui hac prima vice convenimus, Ignatius, M. Franciscus, ego Faber, magister
Bobadilla, M. Laynez, magister Salmerón, magister Simon, Iaius nondum venerat
Lutetiam; magister Ioannes vero et Paschasius nondum erant capti. Eodemque die
in duobus sequentiubus annis ibamus omnes ad eundem locum in eodem proposito ad
confirmandum eam determinatione, ad quam inveniebamus toties multum aumenti
spiritualis. Erant autem in his annis nobiscum iam Magister Iaius, Magister
Ioannes Coduri, et Magister Paschasius, omnes hi inquam in ultimo anno nobiscum.
[3] La
traduzione è mia.
30. (…) Y allí nos confirmamos, parte en
la oración e confesión e comunión frequente; parte con los estudios, que erano
de cosas sacras; parte con haber hecho voto de dedicarse al servicio del Señor,
en pobreza, comenzando desde el tempo dicho; y este voto renovando e
confirmando cada uno una vez el día de nuestra Señora de Agosto en sancta Maria
de Monte Martyrum, donde primero lo hicimos, después de la confesión y
comunión; y ansí después lo confirmábamos, quedándonos después allí a comer en
caridad. Lo qual también continuabamos entre el año; porque de tantos a tantos
días nos íbamos con nuestras porciones a comer a casa de uno, y después de
otro. Lo qual, junto con el visitarnos a menudo y escalentarnos, creo que
ayudase mucho a mantenernos. En este medio tiempo el Señor especialmente nos
ayudó ansí en las letras, en las quales hicimos mediano provecho,
enderezándolas siempre a gloria del Señor y a útil del próximo, como en
tenernos espcial amor los unos a los otros, y ayudarnos etiam temporalmente en
lo que podimos.
[4] [3] Prima nocte qua conuenimos, propositum fuit hoc
dubium: an expediret magis, quod, postquam nos vitamque nostram Cristo domino
nostro et eius vero ac legitimo vicario in terris obtuleramus et dedicaueramus,
ut ille de nobis disponat, mittatque eo, ubi plus iudicauerit nos posse
fructificare (…) an, inquam, magis expediret no sita esse inter nos deuinctos
et colligatos in uno corpore, ut nulla, quantumcumque magna, corporum diviso
nos separaret; an forte non ita expediret. Quod, ut exemplo fiat manifestum,
ecce modo sumus pontifex mittit ex nobis duos in cituitatem Senarum; debemusne
illorum, qui illo pergent, curam gerere, ve lilli de nobis, et mutuo nos
intelligere, an forte non magis illos curare, quam illos qui sunt extra
Societatem? Tandem diffimiuimus partem affirmatiuam, scilicet, quod, postquam
clementissimus ac pientissimus Dominus dignatus fuerat nos, ita infirmo set tam
ex diuersis regionibus et moribus natos, inuicem unire et congregare; quod non
deberemus Dei unionem et congregationem scindere, sed potius in dies confirmare
et stabilire, reducendo nos ad unum corpus, et alii aliorum curam habentes et
intelligentiam ad maiorem fructum animarum, cum etiam virus ipsa unita plus
roboris et fortitudinis habeat ad quecumque bona ardua persequenda, quam si
esset in plures partes dispersa. In his tamen omnibus, que dicta sunt et que
dicentur, ita intelligi volumus, ut nihil penitus ex proprio nostro spiritu et
capite asseramus, sed solum, quicquid id sit, quod Domunus inspirauerit, et
sedes apostolica confirmauerit ac probauerit.
[4] Deciso et
risoluto primo hoc dubio, peruentum est ad aliud difficilius, non minori
consideratione ac prouidentia dignum: an, scilicet, postquam nos omnes
emiseramus votum castitatis perpetue et votum paupertatis in manibus
reverendissimi legati sue sanctitatis, cum ageremus Venetiis, an, inquam,
expediret emettere tertium, scilicet, obediendi alici ex nobis, ut sincerius et
maiori cum laude et merito possemus per omnia implere voluntatem Domini Dei
nostri, simul etiam liberam voluntatem ac preceptum sue sanctitatis, cui nos
libentissime nostra omnia, voluntatem, intellectum, potentiam etc. obtuleramus.
(…)
[8]
Postquam ergo multis diebus plurima hinc
et inde agitavimus circa solutionem dubii pensando et examinando rationes
grauioris momenti et efficatiores, vacando exercitiis solitis orationis,
meditationis, cogitationis; tandem, Domino prestante auxilium, non per plurium
vocum sententias, sed nullo prorsus dissidente, conclusimus: nobis expedientius
esse et magis necessarium, prestare obedientiam alici ex nostris, ut melius et
exactius prima nostra desideria, imprendi per omnia diuinam voluntatem, exequi
possimus, et ut tutius conseruetur Societas, et tandem, ut negotiis
occurrentibus particularibus, tam spiritualibus quam temporalibus, decenter
prouideri possit.
[9] Seruato similiter eodem ordine discutiendi et
procedendi in reliquis omnibus, semper in utranque partem agendo, inmorati
sumus in his et aliis per tres fere menses, a medio quadragesime usque ad
festum Joannis Baptiste inclusiue. Quo die omnia suauiter et
concordi animorum consensu terminata ac finita sunt, non sine magnis vigiliis,
orationibus et laboribus mentis et corporis premissis, antequam hec definiremus
et deliberaremus.
[5] 9. El viernes 22 de Abril, de la octava de Pascua, llegados en San Pablo, se reconciliaron todos seis unos con otros, y fué ordendo entre
todos que Iñigo dixese misa en la misma igleisa, y que todos los otros
recibiesen el santísimo sacramento de su mano, haciendo sus votos en la maniera
siguiente:
10. Iñigo, diciendo la misa, a la hora del consumir, teniendo con la una
mano el cuerpo de Cristo nuestro Señor sobre la patena, y con la otra mano un
papel, en el qual estaba escrito el modo de hacer su voto, y vuelto el rostro a
los compañeros puestos de rodillas, dice a alta voce las palabras siguientes:
“Ego, Ignatius de Loyola, promitto omnipotenti Deo et summo pontifici, eius in
terris vicario, coram eius virgine matre et tota celesti curia, ac in presentia
Societatis, perpetuam paupertatem, castitatem et obedientiam, iuxta formam
vivendi in bulla Societatis Domini nostri Iesu et in eius constitutionibus
declaratis seu declarandis, contentam. Insuper promitto specialem obedientiam summo
pontifici circa missiones in bulla contentas. Rursus promitto me curaturum ut pueri erudiantur in rudimentis fidei
iuxta eandem bullam et constitutiones”. Después de las quales dichas, consume
recibiendo el cuerpo de Cristo nuestro Señor.
11. Acabado de consumir, y tomadas cinco hostias consagradas en la
patena, y vuelto a los compañeros, los quales, después de haber hecha la
confesión generale y dicho “Dne., non sum dignus etc.”, toma uno dellos un
papel en la mano, en el qual estaba la forma de hacer su voto, y dice a alta
voce las palabra siguientes: “Ego, Jo. Coduri, promitto omnipotenti Deo, coram eius
virgine matre et tota coelesti curia, ac in presentia Societatis, et tibi Rde.
Pater, locum Dei tenenti, perpetuam paupertatem, castitatem et obedientiam
iuxta formam vivendi in bulla Societatis Domini nostri Iesu et in eius
constitutionibus declaratis seu declarandis contentam. In super promitto
specialem obedientiam summo pontifici circa missiones in bulla contentas. Rursus promitto me obediturum circa eruditionem
puerorum in rudimentis fidei iuxta eandem bullam et constitutiones”. Las quales acabadas, recibe el cuerpo de Cristo nuestro Señor. Después
per ordinem el 2° hace lo mismo; así el 3°, 4° y 5°.
12. Acabada la misa, y haciendo oración en los altares privilegiados, se
juntaron en el altar mayor, donde cada uno de los cinco vinieron a Iñigo, e
Iñigo a cada uno dellos, abrazando y dando osculum pacis, no sin mucha
devoción, sentidos, y lágrimas, dieron fin a su profesión y vocación comenzada.
Después
de venidos facta est continua et magna tranquillitas, con aumento ed laudem
Domini nostri Iesu Christi.
[6] La traduzione del testo è mia.
[7] La traduzione del testo è mia.
[8] Cf. Paolo III, Regimini militantis Ecclesiae; Giulio III, Exposcit debitum: MHSI, Constit. I, 27.378.379.