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by Paolo Monaco sj

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Saggi > Itinerari ignaziani in terra veneta (1523-1537)

 

 

 

1. Primo viaggio di sant’Ignazio a Venezia (1523)

 

Cf. G. Mellinato sj, «Itinerari ignaziani in terra veneta (1523-1537)», Provincia d’Italia S.J., Roma 1991

 

 

 

 

Antefatti ignaziani

 

Ignazio in Italia (1523)

 

Padova (1523)

 

Da Padova a Venezia (1523)

 

Venezia (1523)

 

Mappa 1 – Da Loyola a Barcellona

 

Mappa 2 – Da Gaeta a Venezia

 

 

pdficona

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Secondo viaggio di sant’Ignazio a Venezia (1535)

 

3. Viaggio dei compagni da Parigi a Venezia (1536-1537)

 

4. Ordinazione dei compagni (1537)

 

5. Primi ministeri dei compagni (1537)

 

 

 

 

 

 

 

ALTRE PAGINE

 

Itinerari ignaziani a Roma

 

 

ANTEFATTI IGNAZIANI

 

1491

Iñigo di Loyola (poi Ignazio) nasce nella casa-torre di Loyola, municipio Azpeitia, provincia di Guipùzcoa, ultimo di tredici figli di Beltràn Ibañez de Oñaz e Marina Sanchez di Licona.

 

1506?

Paggio di Giovanni Velásquez de Cuellar, amministratore delle finanze del re di Castiglia (Arévalo).

 

1517

Gentiluomo di Manrique de Lara, viceré di Navarra.

 

1521

Nella difesa di Pamplona, assediata dai francesi, resiste dentro il castello, finché, ferito ad una gamba da un proiettile, egli deve cedere la fortezza. Trasferito a Loyola in gravi condizioni, riceve gli ultimi sacramenti. Dopo un intervento chirurgico, mentre convalescente legge le «Vite dei Santi» di Giacomo da Varazze e la «Vita di Cristo» di Ludolfo di Sassonia, si manifesta in lui l’inizio di un processo di conversione profonda.

 

1522

A Monserrat fa una confessione generale, nella vigilia dell'Annunciazione, e veglia le sue armi spirituali ai piedi dell'immagine di Maria, secondo un'antica tradizione. Poi per circa undici mesi, si dà ad una vita straordinaria di penitenza e d'orazione. A un successivo periodo di lotte interiori e di scrupoli, fanno seguito grazie singolari e illustrazioni, che ne trasformano la vita. Come frutto di tutto ciò e di approfondimento degli effetti provocati in se dai vari spiriti, comincia a comporre a Manresa gli «Esercizi spirituali», che fatti sperimentare a svariate persone, completerà in seguito a sempre nuove esperienze, verificate ad Alcalà, Salamanca, Parigi, Venezia e Roma.

 

Febbraio 1523

Si reca a Barcellona per mettersi in pellegrinaggio verso l'Italia, tappa obbligata per passare in Terrasanta.

 

 

 

 

Loyola, camera della conversione

 

 

 

 

 

Montserrat, la Vergine

 

 

 

Manresa, Ignazio scrive gli «Esercizi spirituali»

 

 

IGNAZIO IN ITALIA (1523)

 

«Autobiografia» 40-41

 

Tutti quelli che parlavano con lui al sentire che non aveva denaro per andare a Gerusalemme, tentarono di dissuaderlo da quel viaggio, sostenendo con molti argomenti che senza pagare era impossibile ottenere un imbarco. Ma egli sentiva dentro di sé una certezza incrollabile. Non poteva avere dubbi: doveva trovare il modo per andare a Gerusalemme. Attese di ricevere la benedizione del papa Adriano VI; poi, otto o nove giorni dopo la Pasqua, partì per Venezia. Aveva con sé sei o sette ducati che gli erano stati offerti per il viaggio da Venezia a Gerusalemme: li aveva accettati cedendo un poco al timore che gli avevano fatto venire di non poter fare il viaggio diversamente. Ma due giorni dopo la partenza da Roma cominciò a capire che la sua era stata mancanza di fiducia; provò molto dispiacere per aver accettato quei ducati e si domandava se non era meglio sbarazzarsene. Alla fine decise di distribuirli con larghezza a quelli che incontrava (di solito erano dei poveri). Così quando arrivò a Venezia non aveva più se non poche monete che gli furono necessarie per quella notte.

 

Durante il viaggio verso Venezia, a causa delle precauzioni imposte dal diffondersi della peste, dormiva sotto i portici. Una volta, destandosi al mattino, si trovò davanti un uomo che al primo vederlo scappò via spaventato: doveva proprio avere un aspetto terreo da impressionare. Viaggiando cosi arrivò a Chioggia, e con lui c'erano alcuni altri che gli si erano uniti lungo la strada. Venendo a sapere che non li avrebbero fatti entrare a Venezia, quei compagni decisero di andare a Padova per avere un certificato di sanità; e anch'egli partì con loro. Quelli camminavano così in fretta che lui non riusciva a tener loro dietro; lo staccarono abbandonandolo in aperta campagna sul calare della notte. Mentre era là apparve Cristo nel modo in cui di solito gli si manifestava, e lo confortò molto. Sostenuto da questa consolazione, il giorno dopo, in mattinata, senza falsificare il certificato come - credo - avevano fatto gli altri, giunge alle porte di Padova e vi entra senza che le guardie gli domandino nulla. Lo stesso accade poi all'uscita, con grande stupore dei compagni che si erano appena muniti del salvacondotto per entrare a Venezia, mentre lui non se n'era curato affatto.

 

 

 

 

Strada di Piove di Sacco, dalla quale
per la porta Pontecorvo Ignazio
entrò in Padova nel 1523

 

Padova, Porta Pontecorvo e a sinistra
la Basilica di sant’Antonio

 

 

 

Padova, vista della Basilica di sant’Antonio
da Porta Pontecorvo

 

 

 

 

 

PADOVA (1523)

 

A Padova Ignazio dove passare almeno una notte.

 

Con grande probabilità egli fu accolto nell'ospizio di S. Michele, istituito espressamente per dare ricovero ai pellegrini. Esso era antichissimo e sorgeva, ricostruito, presso la chiesa di S. Leonino (detta dal popolo S. Violino), ma prese il nome di cappella gentilizia dei Bazioli, dedicata al santo Arcangelo.

 

Il complesso di tali edifici, che vennero distrutti, è indicato da una colonna (trasportata dalla Piazza della Frutta nel 1809), la quale è posta in Prato della Valle allo sbocco di via Briosco (già S. Leonino) [a metà degli anni ’90 la colonna è stata riportata in Piazza della Frutta, ndr].

 

È curioso che all'inizio di questo secolo, proprio dietro quest'ultima strada verso l’Orto Botanico, vennero ad installarsi i gesuiti, seguaci di S. Ignazio, senza sapere del fatto qui raccontato. Essi vi piantarono tre istituzioni: Pensionato universitario Antonianum, Campo Tre Pini e recentemente la facoltà di filosofia dell'Ordine [queste istituzioni ad oggi sono chiuse, ndr].

 

 

 

 

 

 

 

Padova, il complesso di S. Leonino in un disegno
della metà del Settecento.
Al centro vi è il fabbricato maggiore dell’ospedale,
su due piani, con elegante facciata a portico (lettera E),
a sinistra la cappella di S. Michele Arcangelo
con ingresso rialzato e campanile (lettera B)
e infine la Chiesa di S. Leonino (lettera A).

 

 

DA PADOVA A VENEZIA (1523)

 

La Porta Portello o di Ognissanti, eretta nel 1518 da Marco Antonio Loredan (attribuita a Guglielmo Grizzi detto il Bergamasco) è la più monumentale delle Porte di Padova - non a caso era quella da e per Venezia - e dall’esterno ha l'aria di un arco trionfale, il ponte, che gli è di fronte è a quattro arcate e fu gettato nel 1784.

 

“Portello” vuol dire “piccolo porto”; ed era il porto fluviale di Padova per il traffico di passeggeri e merci con la capitale. La navigazione era monopolio della Fraglia o confraternita dei barcaioli del luogo. Le comunicazioni più rapide si effettuavano col “burchiello”, al dire del Goldoni: = vaghissimo naviglio / di specchi e intagli e di pittura ornato =, sul quale traghettarono per la Serenissima i personaggi più celebri.

 

Sant’Ignazio nell’uscire dalla città per recarsi a Venezia o salì a questo punto su un'imbarcazione per tutto il tragitto Padova-Fusina-Venezia (svolto principalmente sul fiume Brenta); oppure - ed è più probabile date le sue abitudini - percorse a piedi la strada collaterale al fiume fino a Fusina, che mette nella laguna veneta e dove necessariamente dovette imbarcarsi per il centro cittadino.

 

 

 

 

Padova, Porta Portello (lato nord)

 

 

 

 

 

 

Riviera del Brenta

 

 

Fusina

 

 

VENEZIA (1523)

 

«Autobiografia» 42-44

 

A Venezia le guardie salirono sul traghetto per controllare a uno a uno tutti quelli che c'erano, ma lui lo tralasciarono. In città si procurava il cibo chiedendo l'elemosina e dormiva in piazza San Marco. Non volle presentarsi all'ambasciatore dell'imperatore e neppure si diede da fare con impegno straordinario a procurarsi i mezzi per andare a Gerusalemme. Aveva nell'anima una grande certezza che Dio gliene avrebbe dato modo, e questo gli dava tanta fiducia che, per quante paure o ragioni gli opponessero, non riuscivano a scuoterlo. Un giorno un ricco spagnolo lo avvicinò e gli chiese che cosa faceva e dove voleva andare. Conosciuta la sua intenzione lo invitò a mangiare a casa sua e poi lo tenne con sé alcuni giorni, finché tutto fu pronto per la partenza. Fin dal tempo di Manresa il pellegrino aveva preso questa abitudine: a tavola, quando mangiava con qualcuno, non parlava mai se non per dare qualche breve risposta, ma stava ad ascoltare quello che si diceva e fissava l’attenzione su alcuni argomenti da cui prendeva occasione per parlare di Dio: così appunto faceva al ter-mine del pasto.

 

Proprio per questa ragione quel buon signore e i suoi familiari gli si affezionarono tanto che vollero trattenerlo e lo indussero a rimanere in casa loro. Il suo ospite in persona lo accompagno dal doge di Venezia (Andrea Gritti) perché potesse parlare con lui, cioè gli ottenne di essere ricevuto e ascoltato. Dopo l’udienza il doge diede l'ordine che lo facessero salire sulla nave dei governatori che andava a Cipro. Quell'anno erano giunti a Venezia molti pellegrini diretti a Gerusalemme, ma la maggior parte di essi a causa della nuova situazione creatasi con la caduta di Rodi era rientrata ai rispettivi paesi. Ce n'erano ancora tredici sulla nave dei pellegrini che salpò per prima; ne rimanevano otto o nove per quella dei governatori. Anche questa era prossima alla partenza quando il nostro pellegrino fu assalito da febbri violente che lo tormentarono per alcuni giorni. Poi lo lasciarono, ma la nave doveva salpare proprio il giorno in cui aveva preso una purga. Quelli di casa domandarono al medico se lo riteneva in grado di imbarcarsi per Gerusalemme, e quello rispose che se intendeva essere sepolto là si imbarcasse. Ma lui sali sulla nave e partì il giorno stesso. I primi giorni soffri di vomito, poi si senti molto sollevato e riprese decisamente a star bene.

 

 

 

 

 

Piazza San Marco

 

 

Basilica di San Marco

 

 

Andrea Gritti, doge di Venezia nel 1523

 

 

 

 

In attesa d'imbarco per Gerusalemme Ignazio, che s'era liberato anche del rimanente denaro, regalatogli da amici, per vivere di carità in assoluto abbandono alla Provvidenza, dovette sostare circa due mesi a Venezia in attesa di un'opportunità per pellegrinare ai luoghi santi. Nel frattempo con quelli che erano i suoi compagni di pellegrinaggio: due svizzeri, un tirolese e tre altri spagnoli, partecipò, come voleva la consuetudine, alla processione del Corpus Domini in piazza S. Marco. Un evento simile è fissato alla storia dell’arte e in quell'incantato scenario della piazza, dalla mano magica di Gentile Bellini (Accademia). Ignazio s'imbarcò per la Terra Santa il martedì 14 luglio 1523.

 

 

 

 

Processione del Corpus Domini in piazza S. Marco (G. Bellini)

 

 

 

 

 

 

MAPPA 1 – DA LOYOLA A BARCELLONA

 

 

 

 

 

 

MAPPA 2 – DA GAETA A VENEZIA (attraverso la via Romea?)

 

 

 

 

 

 

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