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Compagnia
di Gesù

I Gesuiti, compagni di Gesù

La spiritualità dell’obbedienza alla luce dell’esperienza mistica di Ignazio

 

 

 

 

Articolo pubblicato
su Unità e Carismi
3-4 (2005) 26-31

 

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e la ricostituzione
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Il corpo della
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Chiara Lubich
e i Gesuiti

 

I Gesuiti,
compagni
di Gesù

 

IHS2

La Compagnia di Gesù e i chierici regolari 2

 

La «spiritualità dell’obbedienza». 3

 

Gesuiti oggi 8

 

 

 

 

 

 

«Il cristianesimo non è la carità come la intendono molti. Il cristianesimo richiede essere altri Cristo. Se si dovesse coniare un verbo per esprimerlo bisognerebbe forse dire “gesuire” e cioè vivere come Gesù»[1].

 

Chi sono i Gesuiti? Per descrivere la vita di circa 20.000 persone, presenti in 127 paesi, che nella Chiesa e nella società fanno di tutto e anche di più, potrei percorrere tante strade. In questo articolo ne scelgo una: l’esperienza mistica di s. Ignazio.

 

Seguendo questo filo d’oro, cercherò di cogliere gli elementi fondamentali della spiritualità ignaziana. In essa, più che in tutto il resto, sono convinto di trovare la novità sempre attuale del carisma ignaziano e l’anima di ogni sua espressione apostolica.

 

 

LA COMPAGNIA DI GESÙ E I CHIERICI REGOLARI

 

Insieme alla scoperta dell’America, due grandi eventi dominano la storia della Chiesa del XVI secolo: la Riforma protestante e il Concilio di Trento.

 

In questo contesto nascono i Gesuiti che, sviluppando i modelli di tipo monastico e conventuale, contribuiscono, insieme ad altre famiglie religiose, alla nascita di una nuova forma di vita religiosa più adatta ai tempi moderni, quella dei Chierici regolari: «La finalità nettamente apostolica, l’estrema mobilità della Compagnia, l’adattabilità ai diversi ambienti e situazioni, la forte centralizzazione, il tipo di governo in cui al Generale è concessa una notevole ampiezza di movimento, il quarto voto di speciale obbedienza al Papa, la libertà da forme di vita ritenute essenziali allo stato religioso [assenza del coro e dell’abito, NdR], hanno portato a un nuovo tipo di struttura e di formazione aderente alla società moderna che aveva preso avvio con l’Umanesimo e il Rinascimento. Questo tipo di comunità, d’ora in poi, sarà sempre di più il punto di riferimento per le nuove istituzioni religiose»[2].

 

La prima volta che Ignazio avverte qualcosa di nuovo è a Manresa, in Spagna, sulle rive del fiume Cardoner, dove «gli comunicò Nostro Signore gli esercizi, guidandolo in maniera tale affinché tutto si impiegasse nel servizio suo e salvezza delle anime; ciò che gli mostrò con devozione specialmente in due esercizi, ossia, del Re e delle bandiere. Qui comprese il suo fine e ciò a cui tutto si doveva applicare e avere per scopo in ogni sua opera, che è quello che ha ora la Compagnia»[3].

 

Rientrato in Spagna da Gerusalemme, dove voleva stabilirsi per sempre, Ignazio decide di studiare e di cercare la sua vocazione. Comincia a vivere uno stile di vita tutto orientato alla «salvezza delle anime», che attira l’attenzione di tanti. Soprattutto suscita l’interesse dell’Inquisizione che in vari processi esamina la sua persona e il libretto degli Esercizi Spirituali.

 

Proprio questi processi, a cui egli si sottopone con umiltà e fermezza, aiuteranno Ignazio a prendere coscienza che le altre forme di vita consacrata già esistenti non fanno per lui. Attraverso il dialogo con l’autorità della Chiesa, Ignazio vedrà compiersi quel progetto di Dio che troverà infine a Roma piena accoglienza da parte del Papa e la sua concreta realizzazione nella fondazione del nuovo Ordine religioso.

 

 

 

La «spiritualità dell’obbedienza»

 

Nella vita di Ignazio e dei Gesuiti non solo emerge una nuova forma di vita consacrata, ma anche una nuova spiritualità che potremo chiamare la “spiritualità dell’obbedienza”, della quale tenterò di evidenziare i punti principali.

 

 

La scelta di Dio, ad maiorem Dei gloriam

 

Ferito gravemente nella battaglia di Pamplona del 1521, Ignazio è costretto ad una lunga convalescenza nella sua casa di Loyola. Gli vengono offerti da leggere due libri: una vita di Gesù e una vita di santi. Immergendosi progressivamente in questa lettura, Ignazio si innamora di Dio. Tutto il resto, come l’onore, la vita di corte e l’amore per una grande dama, perde di valore e attrattiva. Dio è più grande e più bello ed è l’unico che gli dona una consolazione che non ha fine.

 

Ignazio sceglie Dio come suo ideale e desidera fare grandi cose per Lui a imitazione dei santi. È una scelta radicale che lo spinge a lasciare per sempre la sua casa e la sua famiglia. Ecco la radice di quell’espressione che diventerà un segno di riconoscimento dei Gesuiti: ad maiorem Dei gloriam (AMDG), per la maggior gloria di Dio.

 

Nel Signore nostro, in tutto amare e servire

 

Ma leggere il Vangelo non basta, occorre viverlo. A Manresa, dopo un periodo di forte purificazione, Dio insegna ad Ignazio come a un bambino i misteri della fede attraverso alcune visioni intellettuali: della Trinità «sotto forma di tre tasti»; di come Dio aveva creato il mondo: «una cosa bianca, dalla quale uscivano raggi e con la quale Dio faceva luce»; della presenza di Gesù Cristo nostro Signore nel Santissimo Sacramento: «come dei raggi bianchi che scendevano dall’alto»; dell’umanità di Cristo «come un corpo bianco non molto grande né molto piccolo, senza, però, vedere distinzione alcuna di membra», e di Maria «allo stesso modo, senza distinzione di membra». Infine, sulla riva del fiume Cardoner, riceve «un’illuminazione così grande che tutte le cose gli apparivano come nuove… una grande luce nell’intelletto», che lo trasforma in un uomo nuovo[4].

 

Per le grazie ricevute da Dio il Vangelo in Ignazio diventa vita e, attraverso la scrittura degli Esercizi Spirituali, «metodo». Il libretto, infatti, contiene gli eventi fondamentali della storia della salvezza, e in modo particolare i misteri della vita di Cristo, organizzati in una determinata successione, proposti secondo vari modi di pregare, orientati alla scoperta della volontà di Dio e finalizzati all’unione personale con Cristo.

 

Ignazio, che tutto vede illuminato dall’Amore, riceve in modo particolare il dono del discernimento degli spiriti. D’ora in poi egli imparerà sempre di più a vivere «nel Signore nostro»[5], a fare cioè in ogni momento la volontà di Dio e così poter in tutto amare e servire Dio[6].

 

Aiutare le anime, l’intima legge che lo Spirito scrive e imprime nei cuori

 

Partito da Manresa per Gerusalemme, il lavoro di Dio si concentra in modo incandescente su un punto: aiutare le anime. Durante il viaggio, e nella città santa, Gesù si fa suo compagno e gli si manifestava abitualmente «infondendogli grande consolazione e risolutezza: gli pareva di vedere una cosa rotonda e grande, come se fosse d'oro... gli pareva di vedere Cristo continuamente sopra di sé»[7].

 

L’amore e la condivisione di vita con i poveri, la conversazione spirituale con le persone alle quali dà gli Esercizi, la cura di alcuni compagni che condividono la sua vita e l’impegno dello studio, saranno gli ambiti nei quali Ignazio vive l’amore evangelico.

 

A Rouen, vicino Parigi, accade un fatto importante che va messo in evidenza, perché fa da spartiacque decisivo. Ignazio va a trovare un giovane spagnolo, caduto malato mentre ritornava in Spagna, con l’intenzione di aiutarlo e di conquistarlo al suo ideale.

 

Il viaggio è faticoso, l’anima di Ignazio è pesante, gli sembra di tentare Dio, ma rimane fermo nel suo proposito. Fino a quando, salendo su un’altura, non viene liberato da questo travaglio spirituale con «una grande consolatione et sforzo spirituale con tanta allegrezza, che cominciò a gridare per quei campi et parlar’ con Dio»[8].

 

Risultato: aiuta il giovane spagnolo ad imbarcarsi per la Spagna e addirittura gli consegna delle lettere per i tre compagni che non lo avevano seguito a Parigi e dai quali Ignazio definitivamente si distacca.

 

Dopo questa esperienza ritorna a Parigi e decide di non parlare più delle cose di Dio, ma di dedicarsi solo allo studio. Ed è proprio in questo tempo che Ignazio «conversava con Mro. Pietro Fabro [Pierre Favre] et con Mro. Francesco Xavier, li quali poi guadagnò a servizio di Dio per mezzo degli Exercitii»[9].

 

Così Pierre Favre ricorda quel periodo: «Vivevamo sempre insieme, condividendo la camera, la borsa; e poi egli mi era insegnante di vita spirituale, dandomi la possibilità di ascendere alla conoscenza della volontà divina e della mia propria. Così fu che divenimmo una cosa sola nei desideri, nella volontà e nel fermo proposito di scegliere la vita, che ora seguiamo tutti noi, i quali facciamo o faremo parte di questa Compagnia, di cui io non sono degno»[10].

 

È in questa esperienza di unità che germoglia la Compagnia di Gesù, fioriscono i «gesuiti». Al centro, però, non c’è più Ignazio, ma Gesù. Ignazio ha messo da parte il suo desiderio di conquistare i «suoi» compagni. È diventato uno strumento docile nelle mani di Gesù che lo ha condotto dai Suoi compagni, da coloro che Egli, per mezzo di Ignazio, vuole chiamare a Sé.

 

Ignazio, Francisco Xavier e Pierre Favre sono una cosa sola perché vivono «l'intima legge della carità e dell'amore che lo Spirito Santo scrive ed imprime nei cuori»[11]. L’amore reciproco troverà posto nel Proemio delle Costituzioni della Compagnia di Gesù come premessa ad ogni altra regola.

 

 

Compagnia di Gesù

 

Da questo momento in poi la vita di comunione dei compagni di Gesù fa un salto di qualità. Per l’amore reciproco, Gesù si rende presente tra loro come Compagno invisibile e suggerisce nell’unità obbediente al Papa, Vicario di Cristo, la strada per realizzare il loro desiderio di vivere per la maggior gloria di Dio e il bene delle anime[12].

 

Terminati gli studi parigini e in attesa di partire per Gerusalemme, Ignazio e i compagni di Gesù si trasferiscono in Veneto. I tempi di attesa si allungano. In tutto questo periodo Ignazio «hebbe molte visioni spirituali, et molte quasi ordinarie consolationi; et per il contrario quando fu in Parigi; massime quando si cominciò a preparare per essere sacerdote in Venetia, et quando si preparava per dire la messa, per tutti quelli viaggi hebbe grandi visitazioni spirituali, di quelle che soleva havere stando in Manressa»[13].

 

Il dono di nuove «visioni» è la traccia che il disegno di Dio si va realizzando. Di fronte alle domande sulla loro identità, infatti, i compagni, alla luce dell’esperienza vissuta insieme da Parigi fin qui e su proposta di Ignazio[14], decidono il proprio nome: Compagnia di Gesù.

 

Questo nome, che sarà confermato da Dio nella visione de La Storta, è così importante per Ignazio che solo Dio può cambiarlo[15]. Il nome infatti dice la realtà mistica della Compagnia. La Compagnia non è «di Gesù» nel senso devozionale del termine. «Di Gesù» vuole dire che la Compagnia è nella Chiesa una presenza di Gesù, il Compagno per eccellenza, il Figlio obbediente del Padre inviato nel mondo.

 

L’amore reciproco, che generava la presenza di Gesù, fa sperimentare a Ignazio e ai compagni di Gesù un’unità sempre più profonda che sarà il criterio più importante nella fondazione del nuovo Ordine religioso[16].

 

Alla luce di questa esperienza, nel Proemio delle Costituzioni della Compagnia di Gesù non solo l’amore reciproco ma anche l’unità trova posto come premessa ad ogni altra regola: «ciò che nel nostro disegno occupa il primo posto e ha maggior peso sia quel che riguarda il corpo intero della Compagnia, di cui si cerca sopra tutto l'unione, il buon governo e il mantenimento in buono stato, a maggior gloria di Dio»[17].

 

Militare per Iddio sotto il vessillo della croce,
servire soltanto il Signore e
la Chiesa sua sposa

 

Ma l’unità obbediente dei compagni di Gesù tra di loro e con il Papa non può essere data per scontata, acquisita o realizzata una volta per sempre. I compagni sono chiamati a «militare per Iddio sotto il vessillo della croce»[18]: l’unità obbediente di Gesù infatti è «fino alla morte e alla morte di croce»[19].

 

È quanto Ignazio vede e ascolta nella visione de La Storta, vicino Roma, proprio alla vigilia dell’incontro con il Papa: «Haveva deliberato, dipoi che fosse sacerdote, di stare un anno senza dire messa, preparandosi e pregando la Madonna lo volesse mettere col suo figliuolo. Et essendo un giorno, alcune miglia prima che arrivasse a Roma, in una chiesa, et facendo oratione, ha sentito tal mutatione nell’anima sua, et ha visto tanto chiaramente che Iddio Padre lo metteva con Cristo, suo figliuolo, che non gli basterebbe l’animo di dubitare di questo, senonché Iddio Padre lo metteva col suo figliuolo»[20].

 

Il Padre, per la mediazione di Maria e Gesù, accetta Ignazio e lo mette con il Figlio. Ignazio, e in lui tutti i gesuiti e tutta la Compagnia come unico corpo, è ricevuto come servitore di Gesù e con Gesù del Padre[21].

 

In questa visione, dunque, la chiamata del Cardoner, che aveva dilatato l’anima di Ignazio su tutta la Chiesa e l’umanità, si specifica. Ignazio e i compagni di Gesù hanno trovato la via. Per loro vivere il Vangelo è ri-vivere il mistero di Gesù obbediente che, uno con il Padre, è da lui inviato nel mondo, perché «sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra»[22].

 

Ignazio e tutta la Compagnia di Gesù, messa con Gesù Figlio obbediente e associata alla sua passione, è inviata a «servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa»[23], facendosi carico delle sue croci. Si comprende allora una dimensione più profonda dell’amore specialissimo di Ignazio per il Papa, Vicario di Cristo in terra. Per Ignazio, Figlio obbediente, il Papa è vicario del Padre che lo invia in missione.

 

L’azione e l’ispirazione trinitaria che, come abbiamo visto, danno forma a Ignazio e alla Compagnia di Gesù continuano nell’intensissima esperienza mistica dell’ultimo periodo della vita di Ignazio.

 

Maria e la Trinità lo guidano nell’incarnazione del carisma, nella costruzione e nel governo del nuovo ordine religioso e fino alle vette più alte della vita spirituale: «Et che anche adesso havea molte volte visioni, maxime quelle, delle quali sopra si è detto, di vedere Cristo come sole. Et questo gli accadeva spesso andando parlando di cose di importanza, et quello gli faceva venire in confirmatione. Quando diceva messa, aveva anche molte visioni; et che quando faceva le constitutioni le aveva anche molto spesso; et che adesso lo può questo affirmare più facilmente, perché ogni dì scriveva quello che passava per l’anima sua, et lo trovava adesso scritto. Et così mi mostro un fasce assai grande di scritture; delle quali me ne lesse buona parte. Il più erano visioni, che lui vedeva in confirmatione di alcuna delle constitutioni, et vedendo alle volte Dio Padre, alle volte tutte le tre persone della Trinità, alle volte la Madonna che intercedeva, alle volte che confirmava»[24].

 

 

 

Gesuiti oggi

 

Di fronte ai bisogni dell’umanità, quale può essere il contributo dei Gesuiti e della spiritualità dell’obbedienza?

 

 

Obbedienza al Papa

 

Innanzitutto, la vita dei Gesuiti è sicuramente caratterizzata dall’obbedienza al Papa: «Anche oggi, in spirito di fede, la nostra Compagnia riconferma il tradizionale legame d’amore e di servizio, che la unisce al Romano Pontefice, vuole corrispondere ai desideri che egli le ha manifestato in diverse occasioni e adempiere alle missioni che le ha affidato, e allo stesso tempo intende collaborare con il Collegio episcopale nel servizio dell’evangelizzazione»[25].

 

Obbedienza al Papa inattuale, fuori moda? La straordinaria dimostrazione di amore, che tantissime persone hanno voluto dedicare a Giovanni Paolo II nel momento della sua partenza per il Cielo e a Benedetto XVI all’inizio del suo mandato, ha evidenziato come oggi l’unità con il Papa sia invece ancora attuale e significativa. Essa ha fatto vedere al mondo il volto della Chiesa come Popolo e quanto la spiritualità dell’obbedienza sia diventata patrimonio di tutta la Chiesa.

 

 

Esercizi spirituali

 

Con gli Esercizi Spirituali il carisma propone poi un «metodo» universale per raggiungere l’unione con Dio. Anche oggi, la preghiera personale nel silenzio della solitudine rimane un tempo necessario[26], affinché la parola comunicata nell’incontro con il fratello edifichi sempre di più la Chiesa come «casa e scuola della comunione»[27].

 

In un mondo che propone false identità e libertà, o tende a disciogliere la persona nella massa, l’esperienza degli Esercizi può rappresentare una via per rientrare in se stesso[28], trovare Dio e il suo amore misericordioso e ritornare da uomini nuovi nella famiglia umana: «La nostra missione di gesuiti raggiunge qualcosa di fondamentale nel cuore umano: il desiderio di trovare Dio in un mondo sfregiato dal peccato, e vivere poi secondo il Vangelo in tutte le sue implicazioni»[29].

 

D’altra parte, se gli Esercizi Spirituali rappresentano il «prototipo» della via individuale a Dio, è pur vero che questa esperienza trova la sua pienezza e un «di più» di senso nell’unione con Dio sperimentata nella comunione con il fratello. Diventa quindi indispensabile il dialogo tra queste due vie, affinché l’una e l’altra insieme portino alla Chiesa e all’umanità tutta la ricchezza che nasce dalle cose nuove e antiche[30].

 

 

Servizio della fede e promozione della giustizia

 

Nella società, alla luce del cammino fatto insieme alla Chiesa, anche i Gesuiti, come «servitori della missione di Cristo»[31], si sentono oggi chiamati e inviati a contribuire con la loro presenza e testimonianza alla «difficile ricerca dell’unità del mondo»[32].

 

Il servizio della fede e la promozione della giustizia, «di quella “giustizia del Vangelo”, la quale è come il sacramento dell'amore e della misericordia di Dio»[33] è la missione attuale dei Gesuiti che include «come sue dimensioni integrali, proclamazione del Vangelo, dialogo ed evangelizzazione della cultura». Esse «nascono da un'attenzione obbediente a ciò che il Cristo risorto sta compiendo per condurre il mondo alla pienezza del Regno di Dio»[34].

 

Obbedienza al Papa, fedeltà alla Chiesa e servizio all’umanità, per amore del Padre. Qui sta il cuore segreto dei compagni di Gesù, l’anima di tutte le loro attività apostoliche, la fonte di irradiazione del carisma ignaziano nella Chiesa e nel mondo: dire ad ogni uomo, con la vita e la parola, che può trovare la sua vera libertà e identità, la sua piena felicità nel dare la propria vita agli altri per amore. Come Gesù.

 

 

 

Inizio

 

 

 

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[1] Chiara Lubich, Pensieri, in Scritti spirituali, vol. 1, Città Nuova Editrice, Roma 1978, p. 136.

[2] Fabio Ciardi, Koinonia. Itinerario teologico-spirituale della comunità religiosa, Città Nuova Editrice, Roma 1992, p. 145.

[3] Hieronymi Nadal, Commentarii de Instituto Societatis Iesu, ed. Michael Nicolau S.I., MHSI, Roma 1962 (= MHSI, 90), p. 40, n. 13. Testo originale spagnolo: le comunicó N. S. los exercicios, guiándole desta manera para que todo se empleasse en el servitio suyo y salud de las almas; lo qual le mostró con devotión specialmente en dos exercicios, scilicet, del Rey y de las vanderas. Aquí entendió su fin y aquello a que todo se devía applicar y tener por scopo en todas sus obras, que es el que tiene aora la Compañía.

[4] S. Ignazio di Loyola, Autobiografia, Editrice CVX-CIS, Roma 1991, nn. 28-31, pp. 130-152.

[5] S. Ignazio di Loyola, Costituzioni, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, UTET, Torino 1977, n. 547, p. 560 (cf. nn. 589, 633, 690).

[6] Cf. S. Ignazio di Loyola, Esercizi, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 233, p. 149.

[7] S. Ignazio di Loyola, Autobiografia, op. cit., nn. 44 e 48, pp. 192 e 204 (cf. nn. 29 e 41, pp. 136 e 182).

[8] Ibid., n. 79, p. 316.

[9] Ibid., n. 82, pp. 324-326.

[10] Pietro Favre, Memorie spirituali, a cura di Giuseppe Mellinato, PIEMME, Casale Monferrato 1990, n. 8, p. 18. Testo originale in latino in MHSI, Roma 1943, FN I (= MHSI, 66), n. 8, pp. 32-33: qui cum simul viveremus in eodemque cubicolo, eadem mensa, eadem bursa, essetque ipse mihi in spiritualibus praeceptor, dans modum ascendendi in cognitrionem divinae voluntatis, et propriae, tandem facti sumus unus in desideriis, et voluntate, firmoque proposito erigendi hanc vitam, quam nunc habemos, quicumque sumus, aut unquam fuerint de hac Societate, qua non sum dignus.

[11] S. Ignazio di Loyola, Costituzioni, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 134, p. 435.

[12] Cf. S. Ignazio di Loyola, Autobiografia, op. cit., n. 85, pp. 332-334. Si tratta del voto di Montmartre.

[13] Ibid., n. 95, p. 374.

[14] Cf. Hieronymi Nadal, Exhortaciones en el Colegio Romano (1557), MHSI, Roma 1951, FN II (= MHSI, 73), n. 25, p. 10.

[15] Cf. Hieronymi Nadal, Commentarii de Instituto Societatis Iesu, op. cit., n. 31, p. 52.

[16] Cf. Deliberazione dei Primi Padri, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 3, pp. 207-208.

[17] S. Ignazio di Loyola, Costituzioni, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 135, p. 436.

[18] Le Formule dell’Istituto della Compagnia di Gesù, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 1 pp. 214-215.

[19] Fil 2,8

[20] S. Ignazio di Loyola, Autobiografia, op. cit., n. 96, pp. 378-380. Cf. DIEGO LAINEZ, Adhort. in examen (1559), MHSI, Roma 1951, FN II (= MHSI, 73), n. 7, p. 133.

[21] Cf. Hieronymi Nadal, Commentarii de Instituto Societatis Iesu, ob cit., n. 30, pp. 51-52.

[22] Mt 6,10.

[23] Le Formule dell’Istituto della Compagnia di Gesù, n. 1, in GIOIA M. (ed.), Gli Scritti di Ignazio di Loyola, op. cit., n. 1 p. 215.

[24] S. Ignazio di Loyola, Autobiografia, op. cit., nn. 99-100, pp. 400-402. Le fasce di cui si parla sono conosciute con il nome di Diario Spirituale. Di esse ce ne sono pervenute soltanto due quadernetti, scampati alla distruzione: il primo, che va dal 2 febbraio al 12 marzo 1544, riguarda il discernimento di Ignazio sulla possibilità e capacità giuridica delle chiese della Compagnia di Gesù di accettare e usare per sé redditi fissi; il secondo dal 13 marzo 1544 al 27 febbraio 1545.

[25] Congregazione Generale (CG) XXXIII, d. 1, n. 7.

[26] Cf. NMI, n. 32.

[27] NMI, n. 43.

[28] Cf. Lc 15,17.

[29] CG XXXIV, d. 1, n. 12.

[30] Cf. Mt 13,52.

[31] CG XXXIV, d. 2, n. 1.

[32] CG XXXIV, d. 21, n. 2.

[33] CG XXXIV d. 2, n. 3. Cf. CG XXXIII, d. 1, n. 32.

[34] Ibid., n. 20.