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Gli «Esercizi spirituali» nel Magistero
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Il corpo
negli Esercizi
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Chiara Lubich
e gli Esercizi
spirituali
di s. Ignazio
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In compagnia
della Madre

 

Gli Esercizi
spirituali
di s. Ignazio
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e la spiritualità
dell'unità di
Chiara Lubich

 

Economia di
comunione
negli Esercizi
spirituali
di s. Ignazio
di Loyola

 

L’esercizio del re
nella tradizione
della Compagnia
di Gesù

 

approvazione esercizi

Ai Padri della Compagnia
di Gesù 2008

 

Rosarium Virginis Mariae 2002

 

Vita consacrata 1996

 

Pastores dabo vobis 1992

 

Direttive sulla formazione 1990

 

Codice di diritto canonico 1984

 

Dimensione contemplativa
della vita religiosa 1980

 

Angelus G. Paolo II 1979

 

Lettera di Paolo VI 1966

 

Discorso di Paolo VI 1965

 

Mens nostra 1929

 

Pastoralis officii 1548

 

 

 

 

 

Benedetto XVI, Udienza ai Padri
della Congregazione Generale della Compagnia di Gesù
(
Roma, 21 febbraio 2008)

 

Un’attenzione specifica vi invito infine a riservare a quel ministero degli Esercizi Spirituali che fin dalle origini è stato caratteristico della vostra Compagnia. Gli Esercizi sono la fonte della vostra spiritualità e la matrice delle vostre Costituzioni, ma sono anche un dono che lo Spirito del Signore ha fatto alla Chiesa intera: sta a voi continuare a farne uno strumento prezioso ed efficace per la crescita spirituale delle anime, per la loro iniziazione alla preghiera, alla meditazione, in questo mondo secolarizzato in cui Dio sembra essere assente. Proprio nella settimana scorsa ho profittato anch’io degli Esercizi Spirituali, insieme con i miei più stretti collaboratori della Curia Romana, sotto la guida di un vostro esimio confratello, il Card. Albert Vanhoye.

 

In un tempo come quello odierno, in cui la confusione e la molteplicità dei messaggi, la rapidità dei cambiamenti e delle situazioni, rende particolarmente difficile ai nostri contemporanei mettere ordine nella propria vita e rispondere con decisione e con gioia alla chiamata che il Signore rivolge a ognuno di noi, gli Esercizi Spirituali rappresentano una via e un metodo particolarmente prezioso per cercare e trovare Dio, in noi, attorno a noi e in ogni cosa, per conoscere la sua volontà e metterla in pratica.

 

 

 

Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae di Giovanni Paolo II
(16 ottobre 2002)

 

L'enunciazione del mistero

 

29. Enunciare il mistero, e magari avere l'opportunità di fissare contestualmente un'icona che lo raffiguri, è come aprire uno scenario su cui concentrare l'attenzione. Le parole guidano l'immaginazione e l'animo a quel determinato episodio o momento della vita di Cristo.

 

Nella spiritualità che si è sviluppata nella Chiesa, sia la venerazione di icone che le molte devozioni ricche di elementi sensibili, come anche lo stesso metodo proposto da sant'Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali, hanno fatto ricorso all'elemento visivo e immaginativo (la compositio loci), ritenendolo di grande aiuto per favorire la concentrazione dell'animo sul mistero. È una metodologia, del resto, che corrisponde alla logica stessa dell'Incarnazione: Dio ha voluto prendere, in Gesù, lineamenti umani. È attraverso la sua realtà corporea che noi veniamo condotti a prendere contatto con il suo mistero divino.

 

A questa esigenza di concretezza risponde anche l'enunciazione dei vari misteri del Rosario. Certo, essi non sostituiscono il Vangelo e neppure richiamano tutte le sue pagine. Il Rosario, pertanto, non sostituisce la lectio divina, al contrario la suppone e la promuove. Ma se i misteri considerati nel Rosario, anche con il completamento dei mysteria lucis, si limitano alle linee fondamentali della vita di Cristo, da essi l'animo può facilmente spaziare sul resto del Vangelo, soprattutto quando il Rosario è recitato in particolari momenti di prolungato raccoglimento.

 

 

 

Esortazione Apostolica Vita consacrata di Giovanni Paolo II
(25 marzo 1996)

 

Preghiera ed ascesi: il combattimento spirituale

 

38. La chiamata alla santità è accolta e può essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione davanti all'infinita trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che vedere Dio significa scendere dal monte con un volto così raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr Es 34, 33)[...]; l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e perdono [...]. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di comprendere quella parola». Ciò comporta in concreto una grande fedeltà alla preghiera liturgica e personale, ai tempi dedicati all'orazione mentale e alla contemplazione, all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi spirituali.

 

La prima evangelizzazione: annunciare Cristo alle genti

 

77. Chi ama Dio, Padre di tutti, non può non amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti fratelli e sorelle. Proprio per questo egli non può restare indifferente di fronte alla costatazione che molti di loro non conoscono la piena manifestazione dell'amore di Dio in Cristo. Nasce di qui, in obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio missionario ad gentes, che ogni cristiano consapevole condivide con la Chiesa, per sua natura missionaria. E' slancio avvertito soprattutto dai membri degli Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva. Le persone consacrate, infatti, hanno il compito di rendere presente anche tra i non cristiani il Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario. Restando dinamicamente fedeli al loro carisma, esse, in virtù della più intima consacrazione a Dio, non possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione con l'attività missionaria della Chiesa. Il desiderio tante volte espresso da Teresa di Lisieux, «amarti e farti amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che molti, «studiando le scienze, meditassero sul conto che Dio nostro Signore chiederà di loro stessi e del talento loro concesso, si smuoverebbero, ricorrendo a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e sentire dentro le proprie anime la volontà divina e così, uniformandosi ad essa più che non alle proprie inclinazioni, direbbero: ‘Signore, sono qui, che vuoi che io faccia? Mandami dove vuoi'»,ed altre simili testimonianze di innumerevoli anime sante, manifestano l'insopprimibile tensione missionaria, che distingue e qualifica la vita consacrata.

 

 

 

Esortazione apostolica Pastores dabo vobis di Giovanni Paolo II
(25 marzo 1992)

 

80. Se ogni momento può essere un « tempo favorevole » nel quale lo Spirito Santo conduce il sacerdote ad una diretta crescita nella preghiera, nello studio e nella coscienza delle proprie responsabilità pastorali, ci sono però momenti « privilegiati », anche se più comuni e prestabiliti.

 

Sono qui da ricordarsi, anzitutto, gli incontri del Vescovo con il suo presbiterio, siano essi liturgici (in particolare la concelebrazione della Messa Crismale del Giovedì Santo), siano essi pastorali e culturali, in ordine cioè al confronto sull'attività pastorale o allo studio su determinati problemi teologici.

 

Ci sono poi gli incontri di spiritualità sacerdotale, come gli esercizi spirituali, le giornate di ritiro e di spiritualità, ecc. Sono un'occasione per una crescita spirituale e pastorale, per una preghiera più prolungata e calma, per un ritorno alle radici dell'essere prete, per ritrovare freschezza di motivazioni per la fedeltà e lo slancio pastorale.

 

Importanti sono anche gli incontri di studio e di riflessione comune: impediscono l'impoverimento culturale e l'arroccamento su posizioni di comodo anche in campo pastorale, frutto di pigrizia mentale; assicurano una sintesi più matura tra i diversi elementi della vita spirituale, culturale e apostolica; aprono la mente e il cuore alle nuove sfide della storia e ai nuovi appelli che lo Spirito rivolge alla Chiesa.

 

 

 

Direttive sulla formazione negli istituti religiosi
(Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata
e le Società di Vita Apostolica, 2 febbraio 1990
)

 

68. La formazione continua è un processo globale di rinnovamento che si estende a tutti gli aspetti della persona del religioso ed all'insieme dello stesso istituto. Essa si deve svolgere tenendo conto che i suoi diversi aspetti sono inseparabili e che si influenzano mutuamente nella vita di ogni religioso e di ogni comunità. Possono essere ricordati i seguenti aspetti: la vita secondo lo Spirito o spiritualità: deve avere il primato poiché include un approfondimento

 della fede e del senso della professione religiosa.

 

Quindi, bisogna privilegiare gli esercizi spirituali annuali e i tempi di ripresa spirituale sotto forme diverse; la partecipazione alla vita della Chiesa secondo il carisma dell'istituto e soprattutto l'aggiornamento dei metodi e dei contenuti delle attività pastorali, in collaborazione con gli altri agenti della pastorale locale; il riciclaggio dottrinale e professionale, che comprende l'approfondimento biblico e teologico, lo studio dei documenti del magistero universale e particolare, una migliore conoscenza delle culture dei luoghi in cui si vive e si agisce, la riqualificazione professionale e tecnica, se c'è motivo; la fedeltà al proprio carisma, con una sempre migliore conoscenza del fondatore, della storia dell'istituto, del suo spirito, della sua missione, ed uno sforzo correlativo per viverli, personalmente ed in comunità.

 

 

 

Codice di diritto canonico (1984)

 

Formazione dei chierici

 

Can. 246 - §5. Gli alunni facciano ogni anno gli esercizi spirituali.

 

La predicazione della Parola di Dio

 

Can. 770 - I parroci in tempi determinati, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, organizzino quelle predicazioni, che denominano esercizi spirituali e sacre missioni, o altre forme adattate alle necessità.

 

Requisiti per l’ordinazione

 

Can. 1039 - Tutti coloro che debbono essere promossi a qualche ordine, attendano agli esercizi spirituali per almeno cinque giorni, nel luogo e nel modo stabiliti dall'Ordinario; il Vescovo, prima di procedere all'ordinazione, deve accertarsi che i candidati li abbiano debitamente compiuti.

 

 

 

Dimensione contemplativa della vita religiosa
(Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata
e le Società di Vita Apostolica
, marzo 1980)

 

22. - L'inserzione ecclesiale dei Religiosi

 

I Religiosi e le Religiose, da parte loro, devono testimoniare la loro effettiva e cordiale appartenenza, «alla famiglia diocesana» (C.D. 34).

 

E questo, non soltanto rendendosi disponibili, secondo il loro carisma, alle esigenze della Chiesa locale (C.D. 35; cfr. doc. M.R., passim), ma ancor più offrendo la loro esperienza spirituale ai sacerdoti diocesani e facilitando, per tutti i fedeli, incontri di preghiera.

 

«V'è poi un particolare problema, la cui importanza merita oggi d'essere segnalata: è quello degli stretti rapporti che intercorrono tra gli Istituti religiosi e il Clero in merito alla dimensione contemplativa che ogni vita consacrata al Signore deve avere come suo costitutivo fondamentale.

 

I sacerdoti secolari hanno bisogno di attingere nella contemplazione la forza e il sostegno del loro apostolato. Come nel passato, essi devono trovare normalmente un appoggio, a questo riguardo, presso religiosi sperimentati e nel contatto con monasteri disposti ad accoglierli per gli esercizi spirituali e per periodi di raccoglimento e di ripresa » (Messaggio del Papa alla Plenaria, n. 4).

 

Inoltre, la loro partecipazione alle iniziative di preghiera promosse dalla stessa Chiesa locale potrà contri-buire a incrementare e arricchire la vita spirituale di tutta la comunità cristiana (cfr. M.R. 24-25).

 

 

 

Angelus di Giovanni Paolo II
(Roma, 16 dicembre 1979)

 

1. Il prossimo 20 dicembre ricorre il 50° anniversario della pubblicazione dell’Enciclica Mens nostra del mio venerato predecessore Pio XI sugli Esercizi Spirituali. È un documento che ha inciso fortemente nella pastorale degli ultimi decenni; è sapienza rileggerlo attentamente. Pio XI raccomandava il metodo di sant’Ignazio, guida sicura in questo cammino per lo speciale carisma ricevuto da Dio a vantaggio di tutta la Chiesa.

 

Da tale storico documento, pastori d’anime e istituti religiosi hanno preso ispirazione e incoraggiamento ad aprire case di esercizi, che si possono ben definire “polmoni della vita spirituale” per le anime e per le comunità cristiane, poiché gli esercizi sono un insieme di meditazioni e di preghiere nell’atmosfera di raccoglimento e di silenzio, e soprattutto una particolare spinta interiore suscitata dallo Spirito Santo per aprire ampi spazi dell’anima all’azione della grazia.

 

Il cristiano nel forte dinamismo degli esercizi è aiutato ad entrare nell’ambito dei pensieri di Dio, dei suoi disegni per affidarsi a lui, Verità ed Amore, così da prendere decisioni impegnative nella sequela di Cristo, misurando chiaramente i suoi doni e le proprie responsabilità.

 

Spero che la ricorrenza di questo cinquantesimo sia provvidenziale occasione perché sacerdoti, religiosi e laici continuino ad essere fedeli a questa esperienza e le diano incremento: faccio questo invito a tutti i sinceri ricercatori della verità. La scuola degli esercizi spirituali sia sempre un efficace rimedio al male dell’uomo moderno trascinato dal vortice delle vicende umane a vivere fuori di sé, troppo preso dalle cose esteriori; sia fucina di uomini nuovi, di autentici cristiani, di apostoli impegnati. È il voto che affido all’intercessione della Madonna: la contemplativa per eccellenza, la maestra sapiente degli esercizi spirituali.

 

 

 

Lettera di Paolo VI al Cardinale Richard Cushing
in occasione della Conferenza di Boston
(Roma, 25 luglio 1966)

 

Fra i metodi lodevoli per dare Esercizi ai laici, quello basato sugli Esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola, fin dall’approvazione data da Paolo III nel 1548, è il più largamente usato. I direttori di ritiri, d’altronde, non devono mai cessare di approfondire l’efficacia delle ricchezze dottrinali e spirituali del testo ignaziano e di esprimere queste ricchezze secondo la teologia del Concilio Vaticano II. Il ritiro non deve diventare uno studio dei documenti conciliari; il direttore deve, però, presentare i temi degli Esercizi, qualunque sia il metodo di cui si serve, in un contesto teologico familiare ai laici di oggi. Sarebbe tuttavia diluire il ritiro degli Esercizi con innovazioni che, per quanto buone in se stesse, riducessero l’efficacia del ritiro chiuso. Queste iniziative – come: attività di gruppo, discussioni religiose e ricerche di sociologia religiosa – hanno il loro posto nella Chiesa, ma il loro posto non è il ritiro chiuso, nel quale l’anima, sola con Dio, riceve generosamente l’incontro con lui, ed è da lui meravigliosamente illuminata e fortificata…

 

 

 

Discorso di Paolo VI ai convegnisti della Prima Assemblea generale
della Federazione Italiana Esercizi Spirituali –FIES
(Roma, 29 dicembre 1965)

 

Bisogna dar, specialmente in Italia, alla predicazione… un’espressione più forte, più conclusiva, più persuasiva di quanto non abbia avuto finora. E sappiamo che la predicazione più efficace è proprio quella degli Esercizi spirituali. Già lo è; ma quanto ancora deve svilupparsi:

 

- sia nel contenuto: guai se gli Esercizi spirituali, per avere quel paradigma meraviglioso e magistrale che S. Ignazio ha loro lasciato, diventassero una ripetizione formalistica e, direi, pigra, di questo schema; si deve vedere la profondità di dottrina che esso contiene, la ricchezza spirituale di cui è sorgente, l’applicabilità enorme che esso apre davanti; e, quindi, c’è tutta una rielaborazione degli Esercizi che Noi auguriamo davvero che i nostri bravi sacerdoti sappiano dare;

 

- di più un’estensione numerica… dobbiamo allargare questa fonte di salvezza e di energia spirituale, dobbiamo renderla possibile a tutte le categorie…

 

Questo momento di intensità e di riflessione su temi religiosi, che appunto è ciò che caratterizza gli Esercizi spirituali, deve diventare un’abitudine del popolo cristiano, molto, molto più diffusa e molto più nutrita di quanto non sia oggi…

 

 

 

Enciclica Mens Nostra di Pio XI
(
20 dicembre 1929)

 

La grande malattia dell’età moderna, fonte precipua dei mali che tutti deploriamo, è la mancanza di riflessione, quell’effusione continua e veramente febbrile alle cose esterne, quella immoderata appetenza delle ricchezze e dei piaceri, che a poco a poco affievolisce negli animi ogni più nobile ideale, li immerge nelle cose terrene transitorie e non permette loro di assurgere alla considerazione delle verità eterne, delle leggi divine, di Dio, unica fonte di tutto ciò che esiste, unico fine dell'universo creato, il quale nella sua infinita bontà e misericordia, ai giorni nostri, con effusione straordinaria di grazie, potentemente tira a sé le anime, nonostante la corruzione che dappertutto s’infiltra. Ora, a un morbo così profondo della famiglia umana, quale rimedio migliore possiamo Noi proporre che indicare tutte queste anime dissipate e stanche al raccoglimento egli Esercizi?…

 

Nei tempi difficili in cui viviamo, nei quali il vero senso di Cristo, lo spirito soprannaturale, essenza della nostra santa religione, soffre tanti ostacoli e impedimenti, nell’imperversare nel naturalismo, che pelle ad illanguidire la vivezza degli ideali di fede e a smorzare gli ardori della carità cristiana, è quanto mai salutare sottrarre l'uomo a quell’«affascinamento della vanità» che «oscura il bene» (Sap 4,12), e trasportarlo in quella beata solitudine, ove in un celeste magistero l'anima apprende il vero valore dell'umana esistenza, risposta appunto nel servizio di Dio, il salutare orrore della colpa, il santo timor di Dio, la vanità delle cose terrene, e nella contemplazione di Colui che è «via e verità e vita» (Gv 14,6) impara a deporre l'uomo vecchio (Ef 4,22) e a rinnegare se stesso e, nell'esercizio dell'umiltà, dell'ubbidienza, della mortificazione, a rivestirsi di Cristo, fino a giungere a quell'«uomo perfetto» e quella «misura dell'età piena di Cristo» (Ef 4,13) di cui parla l'Apostolo, anzi fino a poter dire con lui: «Vivo non già io, ma vive in me Cristo» (gal 2,20): sublimi ascensione e divina trasformazione dell'anima compie sotto l'azione della grazia invocata nella più frequente e fervorosa preghiera, attintale la partecipazione più devota ha il sacrosanti Misteri…

 

Da questa pienezza della vita cristiana, che gli Esercizi spirituali apportano e perfezionano, oltre il frutto soavissimo della pace interiore, germoglia quasi spontaneo un altro importantissimo frutto che ha una più larga risonanza sociale: lo spirito di apostolato. È infatti naturale effetto della carità che un'anima, quando è piena di Dio, senta il bisogno di comunicare alle altre anime la conoscenza e l'amore dell'infinito bene che essa ha trovato…

Condizione importantissima perché gli Esercizi siano fatti bene riescano fruttosissimi, è il farli secondo un metodo sapiente e pratico. Or non vi è dubbio che tra tutti i metodi di Esercizi spirituali che lodevolmente si attengono ai principi della sana ascetica cattolica, ve n’è uno che ha riscosso le piene le ripetute approvazioni di questa Sede Apostolica, ha meritato amplissimi elogi dei Santi e dei Maestri della vita spirituale, ha raccolto incalcolabili frutti di santità attraverso ormai quattro secoli: intendiamo alludere al metodo di S. Ignazio di Loyola, di questo che ci piace chiamare Maestro specializzato degli Esercizi, il cui «ammirabile libro degli E-sercizi» (Breviario Romano 31 luglio, Lez. IV), piccolo di mole ma grande e prezioso di contenuto, dal giorno in cui venne solennemente approvato, lodato, raccomandato dal Nostro Predecessore Paolo III di santa memoria, «quasi subito si affermò e si impose – per usare le parole che noi stessi prima del Sommo Pontificato avemmo già occasione di scrivere – quale il più sapiente e universale codice di governo spirituale delle anime, quale sorgente inesauribile della pietà più profonda a un tempo e più solida, quale stimolo irresistibile e guida sicurissima alla conversione e alla più alta spiritualità e perfezione (S. Carlo e gli Esercizi spirituali di S. Ignazio, in S. Carlo Borromeo nel III Centenario della Canonizzazione, n. 23 «settembre 1910» p. 488).

 

E quando agli inizi del Nostro Pontificato, «assecondando i voti e gli ardentissimi desideri dei sacri Pastori di quasi tutto l’orbe cattolico dell’uno e dell’altro rito», con la Costituzione Apostolica Summorum Pontificum del 25 luglio 1922 «abbiamo dichiarato e costituito S. Ignazio di Loyola Celeste Patrono di tutti gli Esercizi spirituali, e quindi degli istituti, sodalizi, associazioni di qualunque genere che prestano cura ed assistono quelli che fanno gli Esercizi spirituali», non abbiamo fatto altro che sancire con la Nostra suprema Autorità quello che già sentivano comunemente i Pastori e i fedeli; quello che implicitamente più volte avevano detto i Nostri Predecessori, lodando gli Esercizi spirituali di S. Ignazio, specialmente, oltre il ricordato Paolo III, i grandi Pontefici Alessandro VII (Lett. Ap. Cum sit, 12 ottobre 1657), Benedetto XIV (Lett. Ap. Quantum secessus, 29 marzo 1753; Lett. Ap. Dedimus sane, 16 maggio 1753), Leone XIII (Ep. Ignatianae commentationes, 8 febbraio 1900); quello che hanno dichiarato con alti elogi, e ancor più con la loro virtù attinta o aumentata a questa scuola, tutti quelli che (per usare le parole dello stesso Nostro Predecessore di felice memoria, Leone XIII) «o per la loro dottrina ascetia o per la sanità dei costumi» i questi ultimi quattro secoli «sommamente fiorirono» (Leone XIII; lett. cit.). La sodezza della dottrina spirituale, lontana dai pericoli e dalle illusioni degli pseudo-mistici, l’ammirabile adattamento ad ogni ceto e condizione di persone, dalle anime dedite per vocazione alla vita contemplativa sino agli uomini viventi nel mondo, l’unità organica delle sue parti, il mirabile ordine con cui si succedono le verità da meditare e i documenti spirituali, ordinati a condurre l’uomo dalla liberazione della colpa alle più alte vette dell’orazione e dell’amore di Dio perla via sicura dell’abnegazione e della vittoria sulle passioni, rendono il metodo degli Esercizi di S. Ignazio il più raccomandabile e il più fruttuoso.

 

 

 

Breve Pastoralis Officii di Paolo III
(31 luglio 1548, vivente s. Ignazio)

 

[…] il diletto figlio Ignazio di Loyola [...] aveva compilati certi insegnamenti o Esercizi spirituali tratti dalle Sacre Scritture e dalle esperienze della vita spirituale e redatti in ordine adattissimo a muovere piamente gli animi dei fedeli [...] noi, che abbiamo fatto esaminare gli insegnamenti e tali Esercizi [...] li abbiamo riconosciuti pieni di pietà e di santità e che sono e saranno molto utili e salutari per l’edificazione e spirituale profitto dei fedeli [...] e tutte e singole le cose in essi contenute, con nostra certa scienza approviamo, lodiamo e, col patrocinio del presente scritto, comunichiamo. Molto esortiamo tutti i singoli i fedeli di Cristo d’ambo i sessi dovunque stabiliti che vogliano usare gli insegnamenti ed Esercizi tanto pii ed essere in quelli devotamente istruiti.

 

 

 

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