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by Paolo Monaco sj

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Il corpo negli «Esercizi spirituali»
di sant’Ignazio di Loyola

Dal corpo «creato» al corpo «tempio»

 

 

 

 

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negli Esercizi
spirituali
di s. Ignazio
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L’esercizio del re
nella tradizione
della Compagnia
di Gesù

 

 

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Principio e fondamento (ES 23)

 

Primo esercizio della prima settimana (ES 47)

 

Secondo esercizio della prima settimana (ES 58)

 

Meditazione dell’inferno (ES 65-70)

 

L’esercizio del re (ES 95)

 

Contemplazione dell’incarnazione (ES 102-109)

 

Applicazione dei sensi (ES 122-125)

 

Contemplazione delle due bandiere (ES 147)

 

Contemplazione della Cena (ES 196)

 

Regole per ordinarsi nel mangiare
per l'avvenire (ES 210-217)

 

Contemplazione dell’apparizione
di Cristo risorto a Maria (ES 223)

 

Contemplazione per raggiungere
amore (ES 230-237)

 

Primo modo di pregare (ES 247-248)

 

Secondo modo di pregare (ES 249-257)

 

Terzo modo di pregare (ES 258-260)

 

 

 

 

 

 

Propongo una serie di testi sul «corpo» per considerare l’esperienza degli «Esercizi spirituali» dal punto della «persona singola». L’elenco va integrato con altri testi: per esempio, le indicazioni sulla preghiera e sulla penitenza (ES 72-90).

 

Nelle note ho inserito alcuni appunti emersi dalla rilettura dei testi che potrebbero essere sviluppati e integrati ulteriormente. Questa pagina è strettamente collegata con il saggio introduttorio sugli Esercizi spirituali collettivi.

 

 

 

Principio e fondamento (ES 23)

 

L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e, mediante questo, salvare la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo, e perché lo aiutino a conseguire il fine per cui è creato. Ne segue che l’uomo tanto deve usare di esse, quanto lo aiutano per il suo fine, e tanto deve liberarsene, quanto glielo impediscono. È perciò necessario renderci liberi [indifferenti] rispetto a tutte le cose create, in tutto quello che è lasciato al nostro libero arbitrio e non gli è proibito; in modo che, da parte nostra, non vogliamo più salute che malattia, ricchezza che povertà, onore che disonore, vita lunga che breve, e così via in tutto il resto; solamente desiderando e scegliendo quello che più ci conduce al fine per cui siamo creati[1].

 

 

 

Primo esercizio della prima settimana (ES 47)

 

Il primo preludio: composizione vedendo il luogo… la composizione consisterà nel vedere con la vista immaginativa e nel considerare la mia anima imprigionata in questo corpo corruttibile, e tutto il composto in questa valle, come esiliato, tra bruti animali. Per composto si intende anima e corpo[2].

 

 

 

Secondo esercizio della prima settimana (ES 58)

 

Il terzo punto: considerare chi sono io, ridimensionandomi con esempi: primo, che cosa sono io in confronto a tutti gli uomini; secondo, che cosa sono gli uomini a confronto di tutti gli angeli e santi del paradiso; terzo, considerare che cosa è tutto il creato a confronto di Dio: ebbene io solo, che [cosa] posso essere?; quarto, considerare tutta la mia corruzione e bruttura corporea; quinto, considerarmi come una piaga e ascesso da cui sono usciti tanti peccati e tante malvagità e tanto turpissimo veleno.

 

 

 


Meditazione dell’inferno (ES 65-70)

 

Primo preludio, la composizione: qui è vedere con la vista dell’immaginazione la lunghezza, larghezza e profondità dell’inferno.

 

Secondo, domandare quello che voglio: qui sarà chiedere sentimento interiore della pena che soffrono i dannati, perché, se per le mie colpe mi dimenticassi dell’amore del Signore eterno, almeno il timore delle pene mi aiuti a non cadere in peccato.

 

Il primo punto sarà vedere con la vista dell’immaginazione le grandi fiamme e le anime come in corpi di fuoco [ignei].

 

Il secondo, udire con le orecchie pianti, urla, grida, bestemmie contro Cristo nostro Signore e contro tutti i suoi santi.

 

Il terzo, odorare con l’olfatto fumo, zolfo, fetore e cose putride.

 

Il quarto, assaporare con il gusto cose amare, come lacrime, tristezza e il verme della coscienza.

 

Il quinto, toccare con il tatto, come cioè le fiamme avvolgono e bruciano le anime.

 

 

 

L’esercizio del re (ES 95)

 

Quanto più degno di considerazione è il vedere Cristo nostro Signore, re eterno, e davanti a lui tutto l’intero universo; al quale e a ciascuno in particolare rivolge la chiamata dicendo: È mia volontà conquistare tutto il mondo e tutti i nemici, e così entrare nella gloria del Padre mio; pertanto chi vorrà venire con me deve faticare con me, perché seguendomi nella pena mi segua anche nella gloria[3].

 

 

 

Contemplazione dell’incarnazione (ES 102-109)

 

Il primo preludio è richiamare la storia del mistero che devo contemplare: come le tre divine Persone osservano tutta la superficie o rotondità di tutto il mondo piena di uomini; come, vedendo che tutti scendevano all'inferno, decidono nella loro eternità che la seconda Persona si faccia uomo, per salvare il genere umano; e così, giunta la pienezza dei tempi, inviano l'angelo san Gabriele a nostra Signora.

 

Il secondo: composizione vedendo il luogo. Qui sarà vedere la grande capacità e rotondità del mondo, dove vivono tante genti tanto diverse; allo stesso modo, poi, in particolare la casa e le stanze di nostra Signora nella città di Nazaret, nella provincia di Galilea.

 

Il terzo: domandare quello che voglio. Qui sarà chiedere conoscenza interiore del Signore, che per me si è fatto uomo, perché più lo ami e lo segua.

 

Il primo punto è vedere le persone, le une e le altre. Primo, quelle della faccia della terra, in tanta diversità tanto nei vestiti quanto nei gesti: alcuni bianchi e altri neri, alcuni in pace e altri in guerra, alcuni che piangono e altri che ridono, alcuni sani e altri infermi, alcuni che nascono e altri che muoiono, ecc.; secondo, vedere e considerare come le tre Persone divine, sedute sul loro soglio regale o trono di sua divina maestà, guardano tutta la superficie ricurva della terra, e tutte le genti in tanta cecità, e come queste muoiono e scendono nell'inferno; terzo, vedere nostra Signora e l'angelo che la saluta e riflettere per ricavare frutto da tale vista.

 

Il secondo: udire quello che dicono le persone sulla faccia della terra, come cioè parlano tra loro, come giurano e bestemmiano, ecc.; similmente quello che dicono le Persone divine, cioè: "Facciamo la redenzione del genere umano", ecc.; e poi quello che dicono l'angelo e nostra Signora; e dopo riflettere, per ricavare frutto dalle loro parole.

 

Il terzo: osservare poi quello che fanno le persone sulla faccia della terra, così come ferire, ammazzare, andare all’inferno, ecc.; similmente quello che fanno le Persone divine, operando cioè la santissima incarnazione, ecc.; allo stesso modo quello che fanno l’angelo e nostra Signora, cioè l’angelo che svolge il suo ufficio di messaggero, e nostra Signora si umilia e rende grazie alla divina maestà; dopo, riflettere per ricavare qualche frutto da ciascuna di queste cose.

 

Fare un colloquio, pensando a quello che devo dire alle tre Persone divine, o al Verbo eterno incarnato, o alla Madre e Signora nostra, chiedendo, secondo quello che sentirò in me, di seguire e imitare di più il Signore nostro, appena [ora nuovamente] incarnato; dire un Pater noster[4].

 

 

 

Applicazione dei sensi (ES 122-125)

 

Il primo punto è vedere le persone con la vista immaginativa, meditando e contemplando in particolare le circostanze in cui si trovano, e ricavando qualche frutto da tale vista.

 

Il secondo, udire con l’udito quello che dicono o possono dire e riflettendo in se stesso ricavarne qualche frutto.

 

Il terzo, odorare e gustare, con l’odorato e con il gusto, l’infinita soavità e dolcezza della divinità dell’anima e delle sue virtù e di tutto, secondo la persona che si contempla; riflettere in se stesso e ricavarne frutto.

 

Il quarto, toccare con il tatto, per esempio abbracciare e baciare i luoghi dove tali persone camminano e siedono; sempre procurando di ricavarne frutto[5].

 

 

 

Contemplazione delle due bandiere (ES 147)

 

Un colloquio con nostra Signora perché mi ottenga da suo Figlio e Signore la grazia di essere ricevuto sotto la sua bandiera: primo, in somma povertà spirituale e non meno nella povertà attuale, se sua divina maestà fosse servita e mi volesse scegliere e ricevere; secondo, nel sopportare ignominie e ingiurie, per più imitarlo in essi , purché possa sopportarli senza peccato di persona alcuna né dispiacere di sua divina maestà; e con questo un’Ave Maria.

 

Secondo colloquio. Chiedere le stesse cose al Figlio, perché me l’ottenga dal Padre; e con questo dire Anima Christi.

 

Terzo colloquio. Chiedere altrettanto al Padre, perché me lo conceda; e dire un Pater noster[6].

 

 

 

Contemplazione della Cena (ES 196)

 

Considerare come la divinità si nasconde, cioè come potrebbe distruggere i suoi nemici e non lo fa, e come lascia soffrire la santissima umanità tanto crudelissimamente.

 

 

 

Regole per ordinarsi nel mangiare per l'avvenire (ES 210-217)

 

Durante il pasto, la persona faccia conto di vedere Cristo nostro Signore che mangia con i suoi apostoli, e come beve, come guarda, come parla; e procuri di imitarlo. Di modo che l'attenzione sia occupata principalmente nella considerazione di nostro Signore e secondariamente nel sostentamento del corpo; perché così si raggiunga una maggiore armonia e ordine nel modo di comportarsi e di governarsi.

 

Per evitare disordine, giova assai che, dopo pranzo o dopo cena, o in altra ora in cui non senta appetito di mangiare, la persona determini dentro di sé la quantità che conviene che mangi nel prossimo pranzo o cena e così di seguito ogni giorno. Non vada oltre tale misura per nessun appetito né tentazione; anzi, per meglio vincere ogni appetito disordinato e tentazione del nemico, se è tentato di mangiare più, mangi meno.

 

 

 

Contemplazione dell’apparizione di Cristo risorto a Maria (ES 223)

 

Considerare come la divinità, che sembrava nascondersi nella passione, appare e si manifesta ora così miracolosamente nella santissima risurrezione, attraverso i suoi veri e santissimi effetti[7].

 

 

 

Contemplazione per raggiungere amore (ES 230-237)

 

Nota. Anzitutto conviene avvertire due cose. La prima è che l’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole.

 

La seconda è che l’amore consiste nella comunicazione reciproca, cioè nel dare e comunicare l’amante all’amato quello che ha, o di quello che ha o può, e così a sua volta l’amato all’amante; di maniera che se l’uno ha scienza la dia a chi non l’ha, e così se onori, se ricchezze l’uno all’altro.

 

Primo preludio: composizione. Qui è vedere come sto davanti a Dio nostro Signore, agli angeli, ai santi che intercedono per me.

 

Il secondo: chiedere quello che voglio. Qui sarà chiedere conoscenza interna di tanto bene ricevuto, perché riconoscendolo interamente io possa in tutto amare e servire sua divina maestà.

 

Il primo punto: richiamare alla memoria i benefici ricevuti nella creazione e nella redenzione e i doni particolari; ponderando con molto affetto quanto ha fatto Dio nostro Signore per me, e quanto mi ha dato di quello che ha; quindi di conseguenza il medesimo Signore desidera darsi a me, in quanto può, secondo il suo disegno divino. E con questo riflettere in me stesso, considerando con molta ragione e giustizia quello che io devo da parte mia offrire e dare a sua divina maestà, cioè tutte le mie cose e me stesso con esse, come uno che offre con molto affetto:

 

Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà; dammi il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta.

 

Il secondo: osservare come Dio abita nelle creature: negli elementi dando essere, nelle piante facendo vegetare, negli animali fornendoli di sensi, negli uomini dando l’intendere; e così in me dandomi essere, vita, sensi e facendomi intendere; così pure col fare di me un tempio, essendo io creato a somiglianza e immagine di sua divina maestà.

 

Il terzo: considerare come Dio fatica e opera per me in tutte le cose create sulla faccia della terra, cioè si comporta come uno che lavora. Così nei cieli, negli elementi, nelle piante, frutti, armenti, ecc., dando essere, conservando, facendo vegetare, dando i sensi, ecc.

 

Il quarto: considerare come tutti i beni e doni discendono dall’alto, per esempio la mia limitata potenza dalla somma e infinita di lassù, e così la giustizia, bontà, pietà, misericordia, ecc.; così come dal sole discendono i raggi, dalla fonte le acque, ecc.[8].

 

 

 

Primo modo di pregare (ES 247-248)

 

Quarto, sui cinque sensi del corpo.

 

Modo. Circa i cinque sensi del corpo si terrà sempre lo stesso ordine, cambiando la materia.

Chi vuole imitare nell’uso dei propri sensi Cristo nostro Signore si raccomandi nella preghiera preparatoria a sua divina maestà e, dopo avere considerato ciascuno dei sensi, dica un’ave Maria o un Pater noster; e chi vuole imitare nell’uso dei sensi nostra Signora, si raccomandi a lei nella preghiera preparatoria perché gli ottenga grazia dal Figlio suo e Signore per questo e, dopo aver considerato ciascuno dei sensi, dica un’Ave Maria[9].

 

 

 

Secondo modo di pregare (ES 249-257)

 

La preghiera preparatoria si farà conforme alla persona a cui si indirizza la preghiera.

 

La persona, in ginocchio o seduta, secondo che si trovi più disposta e una maggiore devozione l'accompagni, tenendo gli occhi chiusi o fissi in un luogo senza andare con essi vagando, dica Pater; e stia nella considerazione di questa parola tanto tempo quanto trova significati, paragoni, gusti e consolazione in considerazioni pertinenti a tale parola; e allo stesso modo faccia in ogni parola del Pater noster o di qualsiasi altra orazione che in questo modo voglia pregare.

 

La persona rimarrà nella maniera già detta un'ora in tutto il Pater noster; finito il quale dirà un'Ave Maria, Credo, Anima Christi e Salve Regina, vocalmente o mentalmente, secondo il modo consueto.

 

Se la persona che contempla il Pater noster trovasse in una sola parola o in due tanta buona materia su cui pensare, e gusto e consolazione non si curi di passare avanti, anche se finisce l'ora in quello che trova; finita la quale, dirà il resto del Pater noster nel modo consueto.

Finita l'orazione, chieda in poche parole, rivolgendosi alla persona alla quale è diretta la preghiera, le virtù o grazie di cui sente avere maggiore necessità.

 

 

 

Terzo modo di pregare (ES 258-260)

 

A ogni respiro o alito si deve pregare mentalmente, dicendo una parola del Pater noster o di altra orazione che si recita, in modo che una sola parola si dica tra un respiro e l'altro, e durante questo tempo, si consideri principalmente il significato di tale parola, o la persona che si prega, o la pochezza di se stesso, o la differenza tra tanta altezza e tanta bassezza propria; e con la medesima forma e regola procederà nelle altre parole del Pater noster; e le altre orazioni, cioè Ave Maria, Anima Christi, Credo e Salve Regina, si diranno secondo il solito.

 

Chi volesse trattenersi di più nella preghiera a ritmo può dire tutte le sopraddette orazioni o parte di esse osservando lo stesso ordine del respiro a ritmo, come si è dichiarato[10].

 

 

 

Inizio

 

 

 

 

 

 

 



[1] La seconda parte, attraverso l’uso del plurale, dilata la comprensione (universale) del corpo creato dalla persona singola (l’uomo) alla collettività (l’umanità).

[2] Negli esercizi della prima settimana la persona vede-sente la realtà del peccato nel proprio corpo, prende coscienza in modo sensibile di come il peccato la trasforma interamente dentro e fuori.

[3] Cristo nostro Signore, re eterno, è il Cristo totale «come un sole» (cf. Ignazio di Loyola, Autobiografia, n. 99). Da qui in avanti la persona è invitata a dilatare la sua visione-comprensione della realtà sulla misura, alla luce, di quella del Risorto.

[4] Da questo momento in poi gli Esercizi diventano per la persona una progressiva incorporazione nel Corpo di Cristo. Attraverso la contemplazione e l’applicazione dei sensi la persona “diventa” Corpo di Cristo, unendo il suo corpo al Corpo di Cristo. Attraverso gli esercizi spirituali, cioè, attraverso la relazione con le persone contemplate, la persona riceve (lascia vivere in sé) progressivamente lo Spirito Santo che trasforma la sua sensibilità. È l’incarnazione che si ripete.

[5] L’applicazione dei sensi tende alla conoscenza interna della persona, cioè, all’unione totale con Cristo e Maria.

[6] La visione de La Storta (cf. Autobiografia, n. 96) è la realizzazione di questa grazia per Ignazio e tutta la Compagnia di Gesù. Essere messo con Gesù, essere suo compagno, significa essere unito al Suo Corpo come singola persona e insieme con gli altri compagni. Il Verbo “sposa” la Compagnia-Chiesa.

[7] Gesù e Maria sono due corpi in un solo corpo di luce.

[8] La contemplazione riassume l’intero percorso degli Esercizi: la persona singola, diventata Cristo, fa esperienza di comunione reciproca con Dio Amore che vede in tutte le cose e in se stessa. La contemplazione prepara la singola persona alla prospettiva ulteriore del Corpo di Cristo totale che nasce dalla comunione reciproca “tra due o più”. Cf. visioni di Manresa, de La Storta e di Roma per le espressioni “dall’alto” e “come dal sole discendono i raggi”.

[9] Il primo modo di pregare, dopo i comandamenti, i vizi capitali e le facoltà dell’anima, fa pregare sui cinque sensi del corpo, per continuare a vivere come “tempio” dello Spirito Santo, dell’Amore.

[10] Il secondo e il terzo modo di pregare coinvolgono altre dimensioni fondamentali della persona: la spazio, la parola, la comunicazione, il dialogo, la relazionalità, la reciprocità, il tempo, il movimento, la storicità ecc. Il respiro mi fa ricordare questa frase di Chiara sulla “carezza dello Spirito”: «L’anima, quando tutto il giorno volentieri ha perso il Dio in sé per trasferirsi nel Dio nel fratello (ché l’uno è uguale all’altro, come due fiori di quel giardino sono opera dell’identico fattore) ed avrà fatto ciò per amore di Gesù crocefisso e abbandonato che lascia Dio per Dio (e proprio Dio in sé per il Dio presente o nascituro nel fratello...), ritornata su se stessa o meglio sul Dio in sé (perché sola nella preghiera o nella meditazione), ritroverà la carezza dello Spirito che – perché Amore – è Amore per davvero, dato che Dio non può venir meno alla sua parola e dà a chi ha dato: dà amore a chi ha amato» (Guardare tutti i fiori, in La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006, p. 75; puoi leggere tutto il testo in Esercizi spirituali collettivi).