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Si apre una nuova fase nella Chiesa cattolica

L’elezione di Papa Francesco

 

 

 

 

Pubblicato su
www.cittanuova.it

 

 

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13 marzo, vigilia del quinto anniversario della morte di Chiara Lubich. Potrebbe essere il giorno dell’elezione del nuovo papa. Via web guardo il comignolo sulla Cappella Sistina e il popolo di Dio che riempie Piazza San Pietro. La concomitanza di questi due avvenimenti ci prepara qualche novità? Sembra che il popolo di Dio avverta che sta per succedere qualcosa.

 

Arriva la fumata bianca: gioia, trepidazione, attesa. Finalmente l’annuncio: il cardinal Bergoglio, argentino, gesuita, è il nuovo papa e ha scelto come nome Francesco.

 

Resto a bocca aperta, scioccato, non so cosa dire né cosa pensare. I pensieri si moltiplicano in tutte le direzioni: finalmente un papa del Sud!, un gesuita?

 

Poi il papa si affaccia, saluta e s’inchina di fronte al popolo di Dio. Bello, mi piace. Finalmente uno che dice chiaramente il primato del popolo di Dio, dell’essere insieme popolo di Dio, riportando con un solo gesto la gerarchia al suo posto: non più al vertice, ma al di sotto, al servizio della comunione.

 

Se Benedetto XVI con la sua rinuncia ha fatto un passo in avanti su questa strada, Francesco I ne fa un altro raccogliendo il testimone. Durante quel breve e intenso momento di preghiera lo affido a Maria e rinnovo come gesuita il mio voto di obbedienza al papa.

 

Sono preoccupato: ha 76 anni, forse non sta benissimo in salute, riuscirà ad affrontare i problemi della Chiesa di oggi? Spero di sì, sembra che il collegio dei cardinali lo pensi se lo ha votato. Intanto arrivano sms, mail con auguri, felicitazioni, come quando in famiglia nasce o si sposa qualcuno…

 

14 marzo, partecipo al convegno culturale sul pensiero di Chiara Lubich che si svolge all’università La Sapienza di Roma.

 

Gli auguri continuano, mi chiedono un commento, cosa penso, cosa sento. Continuo ad essere scioccato. Sinceramente non riesco a partecipare della gioia che avverto attorno a me. Sento in fondo alla mia anima una domanda, carica di un certo dolore (forse come quando in famiglia nasce o si sposa qualcuno e si sente tutta la sofferenza vissuta per arrivare a quel momento): che cosa sta dicendo Dio alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù con questo evento?

 

Condivido il pranzo con i miei confratelli gesuiti della Cappella Universitaria. Parliamo evidentemente di papa Francesco. Uno di noi dice: l’elezione di un gesuita sana definitivamente la ferita della soppressione della Compagnia di Gesù.

 

Sono colpito. Forse ha ragione. Siamo alla vigilia dei 200 anni della restaurazione della Compagnia e ricorderemo questo momento importantissimo della nostra storia avendo un papa gesuita. Che dire? Viva la divina Provvidenza!

 

Ma c’è ancora un orizzonte più ampio. Forse l’elezione del papa gesuita, avvenuta alla vigilia della morte di Chiara Lubich, fa vedere che il carisma ignaziano è ora definitivamente innestato nella Chiesa e che simbolicamente arriva a compimento la pagina della storia della Chiesa aperta con il Concilio di Trento.

 

La Chiesa è pronta ad aprire una nuova pagina. Quella sulla quale c’è scritto: Unità!

 

 

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